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Una letteraria partita a scacchi

Recensione di “Le relazioni pericolose” di P.A.F. Choderlos de Laclos

Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, Le relazioni pericolose, BUR

Il romanzo più crudele della storia della letteraturaQuesta l’impressione, fortissima, che lascia nel lettore Le relazioni pericolose, indimenticabile lavoro di P.A.F. (Pierre-Ambroise-François) Choderlos de Laclos, non uno scrittore di professione ma ben più modestamente – solo dal punto di vista letterario, s’intende – un militare, un ufficiale per essere più precisi. Spinto dall’imperante razionalismo illuminista, Chodelos de Laclos si avventura in un esperimento ardito: l’analisi scientifica di moventi e sentimenti umani.


Alla stregua di un chirurgo in sala operatoria (o meglio, di un patologo al lavoro su un tavolo d’obitorio), l’autore squaderna davanti a sé, sezionandoli con impressionante freddezza, ansie, desideri di vendetta, cinici calcoli d’interesse e appassionati slanci amorosi. Quel che resta, al termine dell’operazione, non è che l’uomo nella sua squalida nudità, “animale” tra gli altri, materia ruvida, grezza, che, priva del belletto di studiati comportamenti e convenzioni imparate ad arte, ossatura del vivere sociale, sfarina tra le dita come sabbia. I tratti essenziali dell’uomo di Choderlos de Laclos non sono lo specchio deformato di quel che ognuno di noi è, sono esattamente quel che siamo, tanto nel mascheramento del vivere quotidiano quanto nei momenti in cui, da soli, guardiamo a noi stessi.

La scelta stilistica, quella del romanzo epistolare, può creare qualche difficoltà a chi non sia abituato a questo genere letterario (dai più giudicato, a torto, quasi un ostacolo alla lettura), ma a ben guardare l’ostacolo è solo apparente. La scrittura, sempre elegante, fluente, di ampio respiro e persino avventurosa nel suo ardito viaggio fin nel cuore degli esseri umani, il perfetto disegno dei caratteri – a partire dalla diabolica coppia di protagonisti formata dal cinico visconte di Valmont e dalla glaciale manipolatrice marchesa di Merteuil – e non ultima, naturalmente, la vicenda narrata (un intricato susseguirsi di avventure, disavventure e tragedie amorose originato da una crudele scommessa etico-estetico-intellettuale fatta dai due già citati nobili) avvincono irresistibilmente il lettore e lo trascinano con sé in sconfinati abissi freudiani. Un secolo prima di Sigmund Freud. Non a caso scrive a proposito di questo libro splendido e terribile Piero Bianconi nella prefazione alla edizione italiana edita da Rizzoli: “Quello che è certo è che Le relazioni pericolose sono il frutto probabilmente più maturo dell’intelligenza e del cerebralismo settecentesco, d’una impeccabile e fosca bellezza intellettuale. Mai scrittore fu meno sensuale: non un cielo, un albero, un fiato di vento che muova nuvole o fronde; non un canto d’uccello o di donna, uno sparo di fucile, uno scoscio di pioggia […]; non il colore o la grana d’un tessuto, il sapore d’un cibo, un profumo, l’incarnato o il tepore d’un epidermide. Mai il mondo esterno è così poco esistito, appena indicato astrattamente, ridotto a nozione […]. [Questo libro] è una partita a scacchi […] condotta con mente fredda, per corrispondenza, chiaroveggente e crudele come certi giochi cinesi d’avorio, complicatissimi”.

E saranno proprio la chiaroveggenza, la crudeltà e la complicazione (unica via in grado di condurre alla verità) a colpire e conquistare un altro straordinario scrittore, che alla comprensione dell’uomo e dei suoi moti dedicò l’intera sua vita, mutandola in opera d’arte. Egli, in quello che è probabilmente il più tormentato, angoscioso e straziante romanzo della Recherche, La prigioniera, riflettendo sulla crudeltà dei legami amorosi, prigioniero del dolore che gli causa tanto la irraggiungibilità di Albertine quanto la sua incapacità di sciogliere la loro unione (o per dir meglio la sua illusoria proiezione), guarda all’autore de Le relazioni pericolose come al proprio maestro.

Eccovi l’incipit. La traduzione è di Bérénice Capatti. Buona lettura.

Vedi, cara amica, che mantengo la promessa: cuffie e gale non mi piglian tutto il tempo, ne avrò sempre un poco per te.

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