Recensione di “La vita istruzioni per l’uso” di Georges Perec
Devo la scoperta di Georges Perec a un amico, Andrea (incidentalmente anche collega di lavoro, da una decina d’anni, giorno più, giorno meno, e da lunga pezza laborioso blogger; fatevi un giro se vi va cliccando qui). È nato tutto da una discussione – ne abbiamo molte, ma sempre concentrate su un ristretto numero di argomenti: politica, cinema, letteratura, in particolare quella francese.
Da una parte lui, esteta flaubertiano che ama misurare la grandezza di un autore anche dalla sua capacità di offrire ai lettori un orizzonte etico di riferimento (e tanto per non farsi mancare nulla pure puntiglioso cultore dei surreali arabeschi di Queneau), dall’altra io, consumato da una passione sconfinata per il disincantato realismo celiniano, per il suo feroce ecce homo.
Punto sul vivo da una provocazione – “la letteratura francese comincia e finisce con Céline” – Andrea ripone il fioretto della replica garbata, snuda la sciabola, per buona misura impugna anche un affilatissimo stiletto, e si fa beffe della mia passione trattandola alla stregua di un difetto di vista, di una miopia da correggere.
“Bah! Leggi Perec, e poi ne riparliamo”. Che è come dire, staccati dal tuo idolo e guardati intorno, perché c’è dell’altro, e vale la pena conoscerlo. Insomma un platonico invito (un po’ rude a dire il vero, ma me la sono cercata) a uscir dalla caverna.
Non potevo non raccogliere il guanto della sfida. Ho comprato La vita istruzioni per l’uso (guarda caso dedicato alla memoria di Raymond Queneau) e ne sono rimasto stregato. Mi sono trovato di fronte a un geniale architetto del vero, a un archeologo dei concetti, del sapere, a un Michel Foucault letterario. La vita istruzioni per l’uso è un viaggio indimenticabile nella realtà, nelle sue labirintiche, infinite trame (una passeggiata nel giardino dei sentieri che si biforcano, si potrebbe dire citando Borges); un viaggio che ha origine e conclusione in uno stabile, in un qualunque palazzo di città, fa tappa in ogni singolo appartamento e racconta le storie più diverse, quelle delle persone, ma prima ancora quelle degli oggetti, delle cose presenti stanza per stanza, esaminate fin nel più piccolo dettaglio e in tal modo restituite alla loro ragion d’essere, quella di testimoni, nient’affatto mute, della vita. Metaforicamente rappresentata come un puzzle; qualcosa che, scrive Perec, malgrado le apparenze, non è un gioco solitario. Ogni gesto che compie l’attore del puzzle, il suo autore lo ha compiuto prima di lui; ogni pezzo che prende e riprende, esamina, accarezza, ogni combinazione che prova e prova ancora, ogni suo brancolare, intuire, sperare, tutti i suoi scoramenti, sono già stati decisi, calcolati, studiati dall’altro.
La vita istruzioni per l’uso non è un romanzo per tutti. Affrontatelo solo se vi sentite pronti (leggete prima gli altri libri di Perec, leggete Calvino, prendete fiato regalandovi Il Napoleone di Notting Hill di Chesterton). Quando l’avrete finito, ricordatevi di ringraziare Andrea.