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Uno scherzo geniale velato di mistero

Recensione di “Il mistero di Edwin Drood” di Charles Dickens

Charles Dickens, Il mistero di Edwin Drood, Bompiani
Charles Dickens, Il mistero di Edwin Drood, Bompiani

Che Charles Dickens, uno dei più grandi autori della storia delle letteratura, abbia lasciato incompiuto un romanzo giallo (il suo ultimo lavoro, Il mistero di Edwin Drood, interrotto a metà, il 9 giugno 1870, dalla morte) regalando così ai lettori un enigma privo di soluzione, potrebbe sembrare, più che una sfortunata (e perfida) coincidenza, uno scherzo ben architettato, l’ultima beffa di un narratore geniale; il divertito inganno di chi ben conosce la magia unica del racconto, la capacità di affascinare delle storie, e per questa ragione decide non solo di scriverne una che non abbia fine, ma di dar vita a un intreccio inquietante e carico di sorprese inaspettate, di colpi di scena, qualcosa, insomma, che spinga il pubblico a interrogarsi senza sosta, a misurarsi con la vicenda, a sfidare i fatti e il loro caotico svolgersi, in una parola, a scoprire la verità.


Dickens, scrittore di immenso talento, ne Il mistero di Edwin Drood si conferma ineguagliabile creatore d’atmosfere; il suo romanzo concede il minimo indispensabile alle regole del giallo, quel tanto che basta perché un’indagine abbia inizio, ci siano dei sospettati e si possano formulare ipotesi investigative, ma tutto questo materiale, a ben guardare, è poco più di un abbozzo, al punto che non si è neppure sicuri che ci sia un cadavere.

Edwin Drood, uno dei protagonisti della vicenda, improvvisamente scompare; si teme che qualcuno l’abbia ucciso ma di questo delitto non esiste certezza; tutto quel che il lettore ha a disposizione è un losco individuo (John Jasper, Maestro del Coro della Cattedrale del paesino di Cloisterham, consumatore d’oppio e, come se non bastasse, attratto morbosamente da Rosa, ex fidanzata di Edwin), un altro possibile colpevole (il giovane Neville, che ha un acceso diverbio con Edwin Drood; i due hanno poi modo di comporre il proprio dissidio, ma Drood sparisce proprio all’indomani del suo incontro con Neville) e Dick Datchery, persona di cui nessuno sembra sapere nulla e che potrebbe persino essere Edwin Drood sotto mentite spoglie se la trama pensata da Dickens ricalcasse quella di un altro suo grande capolavoro, Il nostro comune amico, il cui protagonista, dato per morto all’inizio della storia, compare alla fine.

Ancora una volta, il grande romanziere inglese riduce al minimo indispensabile gli elementi squisitamente narrativi del per dare il massimo risalto alla costruzione dei personaggi; John Jasper soprattutto, tanto insignificante (perché ovvio) come colpevole quanto intrigante come drogato, come innamorato feroce e perverso, come uomo sempre sul punto di cedere al richiamo del proprio lato oscuro – e in questo caso, come non ammirare Dickens? Come non farsi conquistare dalla sua capacità di dar vita a un giallo, a un mystery coinvolgente e intensissimo giocando quasi esclusivamente sulle sfumature dei caratteri e abbandonando la trama alla condanna decretata dalla sua stessa ovvietà? -, poi figure come la donna della fumeria (la sola che conosce alla perfezione la mistura, la giusta ricetta doppio di cui i suoi “clienti” non possono fare a meno), che potrebbero sembrare di secondo piano ma invece si rivelano essenziali nell’economia del racconto, e ancora il focoso Neville, l’onesto e buono reverendo Septimus Crisparkle, la tormentata Rosa.

Il mistero di Edwin Drood è a tutti gli effetti un romanzo dickensiano (uno dei migliori) e nello stesso tempo la sola particolarità della produzione dello scrittore. È un giallo talmente semplice da far sorridere (naturalmente solo nel caso in cui Edwin Drood sia davvero morto e il suo assassino sia John Jasper), eppure anche così complesso, quantomeno se paragonato alla ricchezza caratteriale dei suoi protagonisti, da sfuggire a qualsiasi tentativo di spiegazione. Possibile che Drood sia morto? E che ad ucciderlo sia stato Jasper? E se le cose stanno così, dove si cela la sorpresa che Dickens aveva riservato al lettore (dunque il senso del romanzo)? Forse nel movente di Jasper? In qualche oscuro segreto di Drood? Oppure in un altro colpo di scena? E se invece Drood non fosse morto? O peggio, se l’assassino, malgrado tutti gli indizi a suo carico, non fosse Jasper?

Impossibile rispondere a queste domande, eppure il silenzio di Dickens, lungi dal rappresentare un ostacolo alla lettura del romanzo, è un invito alla sua scoperta. Il mistero di Edwin Drood è un libro splendido, impreziosito da una prosa perfetta (ottimamente tradotta, nell’edizione Bompiani, da Pier Francesco Paolini); è un magnifico labirinto all’interno del quale ci si perde con voluttà. Come in un sogno a occhi aperti.

P.S. La già citata edizione del romanzo Bompiani, illustrata da Antony Maitland, propone una conclusione della vicenda e una soluzione del mistero; a scriverla, Leon Garfield, studioso e saggista inglese.

Eccovi l’inizio del libro. Buona lettura. E tanti auguri di buon Natale a tutti.

Il campanile di un’antica Cattedrale inglese? Ma come può trovarsi qui, quest’antica torre? Eppure, è la massiccia, e a lui ben nota, mole squadrata e grigia della torre campanaria d’una vecchia Cattedrale. Come può trovarsi qui? Come si spiega la presenza, fra l’occhio di chi guarda e questa torre, qui, di un’asta di ferro, aguzza e arrugginita? Chi l’avrà piantata in questo luogo? Forse è stata eretta per ordine del Sultano, onde impalarvi una masnada di briganti turchi, a uno a uno. Sì, è così; ché si ode un suon di cembali, e passa il Sultano, con un lungo corteo, diretto alla reggia. Diecimila scimitarre sfavillano al sole, e tre-volte-diecimila danzatrici spargon fiori. Seguono, poi, elefanti bianchi, dalle gualdrappe multicolori, smaglianti, e un numero infinito di dignitari e servi. Tuttavia, il campanile si staglia sullo sfondo, dove non dovrebbe trovarsi, e, ancora, nessun malcapitato si contorce infilzato sull’atroce paletto. Un momento! Non potrebbe trattarsi, invece, del fregio a mo’ di picca che sormonta, di lato, la testiera d’un vecchio letto in ferro battuto? Sarà opportuno prendere in esame con calma, nel dormiveglia, ridacchiando fra sé, questa eventualità.

2 commenti su “Uno scherzo geniale velato di mistero”

  1. Tanti auguri di Natale signor Consigliere Letterario, ormai non vado più il libreria, senza prima leggere il suo blog.
    Volevo chiederle un opinione. Filippo Torrini, un dodicenne, sembra che abbia scritto un romanzo portentoso, approfittando delle vacanze estive del 2011. A quanto pare, secondo il Corriere, sembra che la prima tiratura del libro sia esaurita. Siccome so che gli editori spesso mandano i libri di giovani autori al vaglio dei critici, le è capitato di leggere tale romanzo?

  2. Prima di tutto grazie degli auguri, che contraccambio. E poi grazie dell'attenzione; mi auguro che i suggerimenti del blog siano stati utili e piacevoli. Quanto al giovanissimo Filippo Torrini, non posso esprimermi non avendolo letto. Magari lo farò nel prossimo futuro. Naturalmente qualsiasi commento da parte di chi abbia letto il libro (quello di Torrini come quello di qualsiasi altro autore) è più che ben accetto. Il blog vuole essere uno spazio di comunicazione e di confronto aperto a tutti, allo stesso modo in cui lo è la pagina Facebook My Personal Book Shopper, nata dalla collaborazione tra me e Leonardo Romani, della Libreria Le Querce di Lido degli Estensi, che ha già permesso all'angolo virtuale del consigliere letterario di avere uno spazio fisico all'interno della libreria.
    Ancora grazie e ancora auguri

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