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Un Tex che non si dimentica

Recensione di “Tex Albo Speciale n. 9: La valle del terrore” di Claudio Nizzi

recensione - La valle del terrore, Sergio Bonelli Editore
La valle del terrore, Sergio Bonelli Editore

Siamo sinceri, nessuno ama le rivisitazioni. In nessun campo. Quella canzone, quel film o quella storia che fanno parte del nostro bagaglio di ricordi devono restare “là”, così com’erano: quando interviene qualcun altro a “metterci le mani” ecco che la magia svanisce, e la forza del ricordo annichilisce anche il migliore degli omaggi. Ma non è sempre così, almeno non per quanto concerne La valle del terrore, nono numero della collana Tex Speciale (i famosi “texoni”), edito dalla Bonelli nel 1996 e ristampato più volte, fino alle versioni definitive del 2011 con il marchio Rizzoli Lizard (in un volume extralusso in b/n, o all’interno della Collezione Storica a Colori di Repubblica).

Non è così, perché a “mettere le mani” sul ranger più amato di casa nostra è il maestro Roberto Raviola, in arte Magnus.
E allora certamente non si può più parlare di semplice omaggio: quando si ha tra le mani il volume si può solo pensare a un incontro tra titani, con protagonisti due “top players” del fumetto nostrano, che dopo una gestazione durata ben sette anni (come raccontava Sergio Bonelli nella prefazione alla prima edizione del volume), vide finalmente la luce nell’estate del 1996. Troppo tardi, ahinoi, perché Magnus la potesse ammirare esposta nelle edicole: il maestro si era infatti incamminato sulle celesti praterie (per dirla proprio alla Tex) il 5 febbraio 1996, quattro mesi prima della pubblicazione del volume. Una tragica coincidenza, che però diede ai lettori l’esatta dimensione della collocazione che doveva avere, nella storia del fumetto, La valle del terrore: non un texone come gli altri, e nemmeno una tappa qualsiasi della carriera di Raviola.

I lettori hanno in mano il testamento artistico di Magnus, l’ultimo grande regalo dell’artista emiliano al suo pubblico. E che regalo, ragazzi. Un thriller denso di colpi di scena e ribaltamenti di fronte, che non concede soste al lettore fino all’incredibile epilogo finale: il tutto orchestrato (e non poteva essere altrimenti) da Claudio Nizzi, lo sceneggiatore texiano più prolifico.  

Il racconto prende le mosse da una storia realmente accaduta, ovvero quella di John Sutter, il cosiddetto Imperatore della California, caduto in disgrazia dopo che la febbre dell’oro (scatenatasi a partire dal 1848) portò una massa incalcolabile di persone a invadere i suoi immensi possedimenti alla caccia delle pietre gialle. L’ormai anziano Sutter vive ora nell’ultimo baluardo del suo impero – Sutter’s Rest, la fortificazione dalla quale dominava la “sua” valle – insieme alla figlia Mina (l’unica rimasta in vita), al genero Ulrich e alla inquietante e austera governante cinese May Ling. Ed è proprio il genero di Sutter a “ingaggiare” (tramite un’altra vecchia conoscenza dei lettori texiani, Tom Devlin) Tex e Carson. Il motivo: una setta di implacabili tagliagole orientali che infesta la zona (i cosiddetti “vendicatori”) e che uccide tutti i proprietari di miniere ha inviato il proprio avvertimento anche a sua moglie Mina. 

Ma la faccenda è ben più complessa di quanto sembri in realtà. Mina e suo marito sono infatti convinti che il capo di questa setta sia proprio l’anziano Sutter, deciso più che mai a vendicarsi dei troppi torti subiti da parte dei “nuovi ricchi” della valle, con la complicità della onnipresente May Ling, che sembra essere tutt’altro che una mera inserviente del vecchio Sutter… Il suo atteggiamento, protettivo verso l’anziano padrone di casa e scostante con il resto della famiglia accende in Tex una certa curiosità: c’è da giurarci che quel tizzone d’inferno inizierà le sue indagini proprio da lei. E non solo: non è nemmeno da tralasciare la pista che porta a Lucas Bonner, facoltoso proprietario di miniere al quale Tex e Carson fanno visita dopo aver assistito a un attentato dei vendicatori e aver seguito una carrozza che proprio dal luogo dell’attentato si allontanava seguendo la pista in direzione della sua tenuta. E così, tra agguati, sospetti, indagini e colpi di scena, iniziano a incasellarsi uno a uno tutti i tasselli della storia, che vede i due satanassi al centro di una vicenda in cui non tutti i personaggi principali (Bonner, Mina, May Ling e il vecchio Sutter) sono chi dicono di essere e non tutti sono al corrente degli altrui segreti. Fino all’incredibile e drammatico epilogo del racconto, da cui nessuno uscirà realmente vincitore. 

Credo che nulla di quello che si possa scrivere sull’opera valga il piacere di leggerla, e di gustarsi le ultime bellissime tavole di un grandissimo del fumetto italiano, che per la prima volta si mette al lavoro sul personaggio forse più famoso delle nuvole parlanti di casa nostra. E lo fa alla sua maniera, con un tratto superbo e vignette curate a livello maniacale (memorabili gli inseguimenti nei boschi, con le foglie degli alberi che sembra di poter toccare), e con una caratterizzazione di Tex e Carson incentrata sul pieno rispetto della tradizione: Magnus (e qui sta la sua grandezza) si è messo “al servizio” del personaggio, come se fosse stato l’ultimo dei lettori, dandone sì la “sua” versione ma regalandoci al contempo un Tex più tradizionale che mai. E il risultato parla da sé.
Grazie, Roberto, per averci fatto quest’ultimo, preziosissimo, regalo. E grazie anche a Sergio Bonelli, per averglielo chiesto con tanta insistenza.

(Roberto Orzetti)

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