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Teplotaxl, il mago

Recensione de “Il mago dei numeri” di Hans Magnus Enzensberger

Hans Magnus Enzensberger, Il mago dei numeri, Einaudi
Hans Magnus Enzensberger, Il mago dei numeri, Einaudi

Provate a immaginare il severo fisico e matematico Leonhard Euler trasformato in un bizzarro professore di nome Boiler, Bertrand Russell, una delle menti logico-scientifiche più brillanti del Novecento, vestire i buffi panni di Lord Ruzzolo, e Leonardo Fibonacci, il geniale inventore della serie numerica che porta il suo nome, cambiato in un improbabile signor Bonaccione.


E ancora figuratevi i numeri mascherati come fosse carnevale e le ferree regole di calcolo che li riguardano applicate per gioco – con le radici quadrate diventate rape, le potenze saltelli, i numeri primi principi e i fattoriali ribattezzati bum! – in una sorta di giro di giostra dove però tutto funziona, ogni conto torna, e quel che più importa, ogni operazione è divertente, di più, uno spasso. Aggiungete a tutto questo un ragazzino di dodici anni di nome Roberto, non troppo amante della matematica, un irascibile diavoletto che di numeri sa tutto o quasi e che un bel giorno decide di fare di quel ragazzo il proprio allievo e comincia a popolare i suoi sogni e otterrete Il mago dei numeri di Hans Magnus Enzensberger, delizioso e delicato viaggio alla scoperta uno dei più affascinanti universi della conoscenza (quello delle scienze esatte) scritto per i più piccoli ma adatto a un pubblico di tutte le età.

Autore dal multiforme talento, Enzensberger (già citato di recente in questo blog per lo splendido Hammerstein, o dell’ostinazione, che trovate qui), pur senza essere un matematico di professione (o forse proprio per questo), spiega con intelligente e irresistibile semplicità la meraviglia dei numeri, insegnando allo stesso tempo a non temerne la complessità e a lasciarsi conquistare dalla loro chiarezza. “Di magico i numeri hanno che sono semplici”, dice il mago dei numeri a un incredulo Roberto. “In fondo non ti serve nemmeno la calcolatrice. Per cominciare ti basta una sola cosa: l’uno. Puoi farci quasi tutto”.

E come ogni matematico, o per dir meglio scienziato che si rispetti, il mago dimostra le proprie affermazioni, e comincia facendo vedere a Roberto come, semplicemente moltiplicando il numero uno per se stesso, si ottengano tutte le altre cifre da due a nove e per di più leggibili indifferentemente da destra e da sinistra (se non ci credete, provate a moltiplicare 11111×11111; e non preoccupatevi, usate pure la calcolatrice, il mago dei numeri di sicuro non se la prenderà per questo…). Comincia così, con il sogno un po’ strambo di una notte, l’indimenticabile avventura di Roberto (e dei lettori con lui) nel mondo delle cifre, delle figure geometriche, dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, degli insiemi, delle permutazioni e perfino dei paradossi (quello del mentitore) e dei problemi insolubili (quello del commesso viaggiatore); e nell’arco di dodici notti trascorse tra grotte, foreste, deserti e suggestivi paesaggi innevati (perché anche i fiocchi di neve sono matematica), il giovane studente fino ad allora impaurito dalla matematica digerita a fatica sui banchi di scuola impara ad entusiasmarsi per i mille segreti racchiusi nei numeri.

Assiste allo spettacolo unico dei numeri principi (che compaiono sempre fra qualsiasi numero superiore a uno e il suo doppio), giocando con le noci di cocco scopre la straordinaria caratteristica dei numeri triangolari (volete farvi un’idea? Allora scrivete su una riga i numeri da uno a sei e su quella sotto, incolonnando ogni numero a quello della prima riga, i numeri da sette a dodici in ordine crescente, poi sommateli. Ora, se vi dovesse capitare di calcolare quante matite vengono distribuite in una classe composta da dodici alunni se al primo viene data una matita, al secondo due, al terzo tre e via di questo passo, potreste, invece che sommare luno al due al tre eccetera…, trovare la somma utilizzando i numeri triangolari; vi basterebbe moltiplicare la cifra ottenuta prima per sei, perché il numero totale delle matite corrisponde esattamente al sesto numero della serie dei numeri triangolari), impara che la natura parla il linguaggio della matematica (celebre sentenza contenuta ne Il Saggiatore di Galileo Galilei che l’autore magistralmente esemplifica utilizzando lepri, alberi e i numeri di Fibonacci-Bonaccione) e soprattutto che in questo mondo che sembra così astruso, ripetitivo e arido non c’è proprio la possibilità di annoiarsi, perché i numeri, tutti i numeri, hanno sempre in serbo qualcosa che non ti aspetti, una particolarità, un modo di comportarsi che li rende diversi da tutti gli altri, una reazione eccentrica che fa sì che una determinata dimostrazione, costata magari centinaia di anni di lavoro di decine e decine di persone, non possa mai dirsi davvero conclusa. “[…] questo”, dichiara il mago dei numeri con evidente soddisfazione, “significa solo che la matematica non finisce mai. E aggiungo: meno male. Resta sempre qualcosa da fare, caro Roberto”.

E subito dopo, incapace di resistere al fascino dei numeri, si congeda dal suo allievo, che ormai ha imparato abbastanza, con queste parole: “E per questo adesso mi devi scusare. Domani mattina voglio infatti dedicarmi all’algoritmo del simplesso semplice per i politopi…”. Un rompicapo cui un giorno, il mago dei numeri ne è certo, si dedicherà anche Roberto. Probabilmente con gioia.

Preziosa favola senza tempo, arricchita dalle bellissime illustrazioni a colori di Rotraut Susanne Berner, Il mago dei numeri è un libro incantevole. Perfetto per chiarezza espositiva, racconta la matematica nel modo in cui dovrebbero essere raccontate tutte le “materie”: con passione sincera.

Permettetemi, prima di chiudere, di ringraziare mia moglie Francesca, che con la matematica non è mai andata granché d’accordo (ancora oggi ci litiga spesso) e cui pure va il merito di avermi fatto conoscere questo libro. A pensarci bene, quale migliore dimostrazione del suo valore?

Eccovi l’inizio. La traduzione, per Einaudi, è di Enrico Gianni. Buona lettura.

Da un po’ di tempo ormai, Roberto si era stufato di sognare: faccio sempre la figura del cretino, pensava. Nei sogni veniva spesso inghiottito da un orrendo pescione che oltretutto puzzava tremendamente. Oppure gli capitava di essere su uno scivolo che non finiva mai. Gridava “Ferma!” o “Aiuto!”, ma non c’era niente da fare, la velocità aumentava e aumentava e alla fine Roberto si svegliava in un bagno di sudore. Ma lo fregavano anche quando desiderava moltissimo qualcosa, tipo una bicicletta da corsa con almeno ventiquattro rapporti. Allora sognava che la bici – viola metallizzata – lo stesse aspettando in cantina. Era un sogno incredibilmente dettagliato. La vedeva lì, a sinistra, accanto allo scaffale dei vini, e sapeva addirittura il numero della combinazione del lucchetto: 12345. Era un giochetto da ragazzi ricordarsela! Roberto si svegliava in piena notte, ancora mezzo addormentato prendeva la chiave e in pigiama barcollava giù per quattro piani – e invece della bici cosa trovava, lì accanto allo scaffale dei vini? Un topo, un topo morto. Lo avevano fregato! C’era cascato come un pollo.

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