Recensione di “Harry Potter e la pietra filosofale” di J.K. Rowling
La consapevole, studiata leggerezza della prosa, l’attenzione, puntuale e gioiosa, nei confronti dei limiti e delle possibilità del linguaggio, le acrobatiche peripezie espressive che hanno il volto semplice del gioco di parole ma nascondono una ricerca rigorosa, l’enorme ricchezza del materiale narrativo, vagliata con puntiglio, selezionata accuratamente e sistematizzata con maestria indiscussa. E la scelta e il disegno dei personaggi, nuovi e originali e allo stesso tempo figli di una lunga tradizione letteraria; e poi l’ambientazione, felicissima, che senza sforzo apparente sposa la normalità, l’ordinarietà, a tutto ciò che le nega alla radice: il magico, l’impossibile, il sogno, il desiderio; in una parola, il sublime, inviolato reame cui solo la fantasia ha diritto d’accesso.
Racchiuso in tutti i sette romanzi che compongono la saga di Harry Potter, con ogni probabilità l’opera per ragazzi più famosa al mondo, questo tesoro di stile e contenuto soltanto in parte si deve al talento dell’autrice, J.K. Rowling; alla sua esuberanza, all’irresistibile eleganza del suo raccontare il lettore deve il piacere puro della scoperta della storia, l’incanto sincero dell’ascolto, ma il mondo nel quale le vicende accadono (la Londra che tutti conosciamo e che pure sa riservare deliziose sorprese, e soprattutto la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e ciò che la definisce e la circonda), coloro che lo abitano (i protagonisti come le comparse), ciò che vi si svolge, i segreti che nasconde, le verità che poco alla volta svela, le battaglie che vi si combattono – che altro non sono se non il parziale riflesso dell’eterno conflitto tra bene e male – insomma, intera l’impalcatura che regge tanto ogni singolo romanzo quanto il lavoro considerato nel suo complesso, è un richiamo intelligente e nobile alla storia delle “belle lettere”, un omaggio allo splendore del passato, la colta citazione di un appassionato.
Si respira, nei romanzi della Rowling, a partire dal primo, Harry Potter e la pietra filosofale, un sincero amore per l’atto stesso dello scrivere, per il processo creativo che ne è una parte fondamentale e insieme per il doveroso studio (che sempre andrebbe fatto) di quel che precede ogni opera nuova.
Se è senza dubbio gratificante ritrovare nei libri di questa scrittrice sensibile e raffinata le suggestioni del mito e delle leggende popolari di ogni parte del mondo, unite all’epica eroica propria dei romanzi del genere fantasy, al chiaro indirizzo etico che è alla base dei racconti di formazione, al vertiginoso respiro delle storie avventurose e all’ingenua esaltazione del divertimento puro propria della letteratura per ragazzi, quello che sorprende è il modo in cui tutto questo viene proposto: con un trasparente senso di gratitudine, con contagiosa felicità. J.K Rowling, pur con una sua preziosa originalità, rivendica orgogliosa un’appartenenza, non si preoccupa di nascondere o negare i propri debiti; il suo raccontare procede lungo un sentiero già tracciato, e la sua voce spicca tanto più limpida quanto meno lei si preoccupa di distinguerla dalle altre. A mio avviso, è questa la caratteristica più preziosa dei romanzi della scrittrice britannica: quella di essere, o meglio di voler essere, parte di una storia di più grande.
Sul giovane e predestinato mago Harry Potter, sul suo antagonista Lord Voldemort, sui suoi amici e i suoi avversari, in primo luogo il tormentato Draco Malfoy, e non ultimo sulla sua strampalata famiglia londinese che nulla vuole avere a che fare con la magia ma che proprio per questa ragione è costretta a subirla, non vale la pena soffermarsi. I romanzi di J.K. Rowling hanno avuto un così grande successo che non c’è chi non conosca, anche soltanto per sommi capi, la storia di questo eroe armato di bacchetta. Tuttavia, proprio come la magia (che a ben guardare può essere ovunque, persino nelle nostre più che anonime case) ci suggerisce che spesso le cose sono ben diverse da quel che sembrano, così la saga di Harry Potter è molto più di una serie di godibilissimi libri per ragazzi. È un capitolo di storia della letteratura, un capitolo ottimamente scritto, avvincente, spassoso, drammatico, scintillante. È una storia nuova che in molte sue parti è già stata narrata, ma che non per questo ha perduto il suo fascino.
Eccovi l’inizio di Harry Potter e la pietra filosofale. La traduzione, per Salani, è di Marina Astrologo, le illustrazioni sono di Serena Righetti.
Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano. Il signor Dursley era direttore di una ditta di nome Grunnings, che fabbricava trapani. Era un uomo corpulento, nerboruto, quasi senza collo e con un grosso paio di baffi. La signora Dursley era magra, bionda e con un collo quasi due volte più lungo del normale, il che le tornava assai utile, dato che passava gran parte del tempo ad allungarlo oltre la siepe del giardino per spiare i vicini. I Dursley avevano un figlioletto di nome Dudley e secondo loro non esisteva al mondo un bambino più bello.