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Gli ingredienti letterari della cioccolata

Recensione di “La fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani
Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani

La fantasia naturalmente, ma anche una buona dose di realtà, e soprattutto di verità. Il divertimento, certo, ma anche l’insegnamento, la morale, la distinzione netta tra giusto e sbagliato. E le possibilità, che sembrano infinite, la meraviglia nascosta dietro ogni angolo, i desideri e il loro improvviso avverarsi, e ancora la magia – che altro non è se non un disinteressato dono di speranza al mondo – che irrefrenabili irrompono dispensando gioia, e commozione, e sorpresa. E in questo splendido spettacolo di fuochi d’artificio, il pulsare quieto di una felicità autentica, frutto maturo e squisito di una scelta, quella dell’obbedienza, della piena fedeltà a se stesso.


Gli ingredienti letterari de La fabbrica di cioccolato, delizioso romanzo dello scrittore britannico Roald Dahl, sono buffi e miracolosi al pari di quelli utilizzati dall’originalissimo pasticciere protagonista del suo lavoro, l’enigmatico Willy Wonka, che nel chiuso del suo stabilimento produce senza sosta squisitezze di ogni sorta, dolci multicolori e irresistibili stupefacenti fin dal nome – come il Cioccocremolato delizia Wonka al triplosupergusto o il Crocconocciolato a sorpresa Wonka –: la scintillante semplicità di una prosa che sa essere evocativa ed emozionante tanto nelle consuete descrizioni d’ambiente (spesso venate da un dolce crepuscolarismo dickensiano) quanto nella sconfinata sfrenatezza dell’immaginazione, l’entusiasmo genuino per la narrazione, la raffinata finezza psicologica che contraddistingue il disegno dei caratteri.

E insieme a tutto questo, il puntuale, rassicurante manifestarsi di una limpida giustizia distributiva, premio alla virtù e meritato castigo del vizio; licenza artistica che, nel restituire equilibrio alla quotidianità che tutti circonda e cui tutti appartengono, nel sanarne le patenti ingiustizie, non solo offre sollievo ai lettori (specie ai più giovani, cui Dahl di preferenza si rivolge) ma, ed è ciò che più importa, si fa manifesto di una chiara visione etica.

Così, l’impenetrabile “fortezza di golosità” di Willy Wonka, che il suo proprietario, dopo decenni di silenzioso esilio, decide di riaprire invitando per una visita unica e irripetibile i cinque fortunatissimi bambini che saranno riusciti a trovare, all’interno delle sue tavolette di cioccolata distribuite in tutto il mondo, i biglietti d’oro che soli danno diritto all’ingresso, si trasforma, per i piccoli vincitori (e ancor più per i genitori che li accompagnano), in un vero e proprio esame di coscienza, in un’occasione per riflettere sui loro comportamenti, sugli errori commessi.

Quattro dei cinque fanciulli, infatti, sono tutt’altro che ingenui e innocenti; uno, Augustus, è dedito soltanto a gozzovigliare e sembra non avere altro pensiero se non quello di riempirsi la pancia; un’altra, la petulante Veruca, è talmente abituata a veder esaudito ogni suo capriccio da credere di poter ottenere qualsiasi cosa semplicemente obbligando i genitori a comprargliela; una terza, Violetta, eccelle in un’unica attività, quella di masticare ininterrottamente la stessa gomma (non a caso è la campionessa mondiale di questa assurda “disciplina”), mentre l’ultimo, Mike, passa le giornate inebetito davanti alla televisione.

Solo Charlie, il quinto, si distingue da tutti loro; a prima vista per il fatto di essere l’unico ragazzo povero in un gruppo composto da persone ricche o decisamente benestanti, in realtà perché è un bimbo obbediente, rispettoso, che ama genitori e i nonni e vive con loro armoniosamente anche nelle più grandi difficoltà. Il biglietto d’oro, per lui, è davvero l’avverarsi di un sogno; per i suoi compagni d’avventura, invece, è soltanto una piccola novità, uno spettacolo che considerano organizzato per il loro esclusivo piacere.

Ma nel mondo di Willy Wonka, nella sua fabbrica dove tutto è possibile, tra i suoi minuscoli e industriosi aiutanti (gli esotici Umpalumpa, provenienti da una regione talmente selvaggia e remota che nemmeno i professori di geografia sanno dove si trovi, e pronti a spiegare, a suon di canzoni in rima baciata, perché a esser cattivi, egoisti, avidi e stupidi tutto quel che si guadagna è una sacrosanta punizione), nelle sue stanze piene di complicatissimi marchingegni, ciascuno degli ospiti si troverà di fronte ai propri peggiori difetti, e dovrà scegliere se assecondarli una volta di più (o meglio, una volta di troppo), oppure finalmente cominciare ad opporcisi. Finché, a furia di strani trucchi e diabolici tranelli, resterà un solo ospite nella fabbrica, proprio il bambino che Willy Wonka sperava così ardentemente di trovare…

Opera magistrale e senza tempo, La fabbrica di cioccolato è un’avventura dolce e travolgente, un romanzo che si legge d’un fiato e non si smette mai d’amare; un piccolo, preziosissimo tesoro di bontà, ottimismo e speranza da custodire con ogni cura. 

Eccovi, invece dell’inizio del romanzo, la perfida filastrocca inventata dagli Umpalumpa per Mike, rimasto vittima della sua smodata passione per la televisione. La traduzione, per Salani, è di Riccardo Duranti.

Buona lettura.

«Perché un bambino sia bene educato
una cosa importante abbiamo imparato:
non permettete mai e poi MAI,
onde evitare un sacco di guai,
che il miserello se ne stia fermo
davanti a un qualche teleschermo.
Anzi, il consiglio più pertinente
sarebbe non installare per niente
questi apparecchi che rendono cretini
sia i più grandi che i più piccini.
In tutte le case che abbiam visitato
c’era un bambino seduto impalato,
lo sguardo lustro, la bava alla bocca,
davanti a una buffa scatola sciocca.
Taluni possono stare per ore
muti guardando il televisore.
Lo sguardo fisso, l’aria da allocchi,
fuor dalle orbite gli escono gli occhi,
(una volta abbiam fatto un censimento:
ce n’eran venti e più sul pavimento!)
Seduti immoti, ipnotizzati,
come ubriachi paralizzati,
con il cervello telelavato
in un massiccio telebucato.
È vero, signora, che tiene buoni
anche i bambini più birbaccioni,
che così noie più non le danno,
e fuor dai piedi un po’ se ne stanno
mentre lei scola e condisce la pasta
o con le amiche gioca a canasta –
ma non si è mai fermata a pensare
a tutti i danni che può causare
una massiccia esposizione
ai raggi della televisione?
Non si è mai chiesta esattamente
che effetto esercita sulla mente
ingenua della sua creatura
quell’invenzione contronatura?
FA A TUTTI I SENSI L’ANESTESIA
UCCIDE TUTTA LA FANTASIA!
RIEMPIE LA MENTE DI PACCOTTIGLIA,
E FA VENIRE GLI OCCHI DI TRIGLIA!
RENDE PASSIVI E CREDULONI,
ALLENTA IN BLOCCO ROTELLE E BULLONI
CHE IL CERVELLO FAN FUNZIONARE,
NON LASCIA PIU’ NULLA DA IMMAGINARE,
IL GUSTO PER LE FIABE ROVINA,
TUTTA LA TESTA RIDUCE IN PAPPINA!
 A questo punto qualcuno dirà:
“Va bene, va bene, ma come si fa?
 Se questo mostro di cui parlate
 va eliminato con due pedate
come faranno i nostri figlioli
a divertirsi, specie se soli?
Come passare una bella serata
Senza la tele illuminata?”
Scordato avete la vostra storia?
Vi rinfreschiamo un po’ la memoria?
C’era una volta una grande avventura:
la consuetudine alla lettura!
Pieni di libri i comodini,
scaffali, tavoli e anche lettini!
Tutti leggevano e il tempo volava,
e con il tempo la mente viaggiava:
storie di draghi, regine e pirati,
di navi e tesori ben sotterrati;
deserti, giungle e fitte foreste,
cannibali e indios a caccia di teste.
Paesi strani e luoghi mai visti,
malvagi, eroi, tipi buffi o tristi:
di spazio pei sogni ce n’era a iosa,
leggere era un’attività meravigliosa!
Racconti, favole, romanzi, fumetti,
volumi, tomi, libelli e libretti,
ce n’era gran scelta e varietà,
e tutti leggevano a volontà!
Se erano piccoli bambini,
qualcuno per loro leggeva i destini
di Biancaneve e la mela stregata,
e della Bella Addormentata.
Quanti bei libri, quanti piaceri
potevano scegliere i ragazzi di ieri!
Perciò vi preghiamo, fate il favore,
buttate in cortile il televisore!
Con uno scaffale riempite lo spazio
e pur se i ragazzi saranno uno strazio
per qualche giorno guardandovi male,
colmate di libri quello scaffale;
vedrete che poi, passata la crisi, pian piano smettete di essere invisi:
per far qualcosa, per curiosità,
saranno colpiti dalla novità.
Sfogliando un libro quasi per caso
più non potranno staccarne il naso:
riscopriranno che grande diletto
è leggere un libro o un giornaletto!
Ci prenderanno tanta passione
che scorderanno la televisione;
i tempi in cui erano vittime inermi
del fascino truce dei teleschermi
un brutto sogno vi sembrerà
e ogni ragazzo grato sarà
a quelli che, con mossa sapiente,
l’han trasformato in teleindipendente.
P.S. Non è che di Mike ci siamo scordati:
ma siamo in attesa dei risultati
per constatar se funziona la cura
e se recupera la sua statura.
Ma se non funziona, in verità,
possiam solo dire che bene gli sta!»
 
 

3 commenti su “Gli ingredienti letterari della cioccolata”

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