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L’incubo dell’utopia realizzata

Recensione di “Il mondo nuovo / Ritorno al mondo nuovo” di Aldous Huxley

Aldous Huxley, Il mondo nuovo / Ritorno al mondo nuovo, Mondadori
Aldous Huxley, Il mondo nuovo / Ritorno al mondo nuovo, Mondadori

Il futuro immaginato e il presente che a quel domani terribile e folle dipinto in pari misura dall’intelligenza e dalla fantasia inconsapevolmente fa da incubatrice; l’orrore prossimo venturo ritagliato nell’architettura narrativa di un romanzo e le sue tracce scoperte nell’apparente innocenza dell’oggi, del tempo cui apparteniamo e che dovrebbe appartenerci, e somigliarci; l’incedere razionale e conseguente di un’analisi, di una riflessione, e il respiro ampio del racconto, l’armonia di una prosa che è bellezza prima di essere verità, che è equilibrio.


E il loro incontrarsi, il loro confrontarsi e sovrapporsi, il cercare, l’uno nell’altra, la propria ragion d’essere, la propria causa prima, la propria essenza, il proprio completamento. Al crocevia tra la libertà dell’energia creatrice e l’attenzione critica verso ciò che ci circonda, nel risaltare delle differenze che rendono tra loro complementari la sorvegliata scrittura del saggio e la ricchezza stilistica dell’opera letteraria, nella sostanziale coincidenza delle tesi esposte nell’uno e nell’altro lavoro e dunque nel fondersi del romanzesco nel reale, nell’inverarsi del fantastico, risiede l’importanza de Il mondo nuovo (e insieme della raccolta di saggi Ritorno al mondo nuovo, sorta di rilettura prospettica del primo lavoro), lo scritto più noto di Aldous Huxley, unanimemente considerato dalla critica un classico della letteratura distopica. Pubblicato al principio degli anni trenta, Il mondo nuovo (da leggersi in continuità con Ritorno al mondo nuovo, lucida, puntuale e amarissima denuncia delle condizioni in cui versa la nostra organizzazione sociale, sempre più simile a quella che emerge dalle pagine del romanzo) disegna, situandola in un remoto avvenire, una dittatura tecnocratica mondiale in tanto più atroce e terrificante in quanto priva di qualsiasi carattere emergenziale e fondata su idee di benessere, prosperità e felicità invece che su una predatoria volontà di dominio.

Il mondo che verrà di Aldous Huxley è un consesso umano planetario costruito sull’esattezza scientifica, sulla perfetta pianificazione, sull’infallibilità dell’ingegneria e della biologia e sui paradisi artificiali garantiti dalle droghe; è un’immensa catena di montaggio che ha sostituito a ogni pulsione individuale, a ogni espressione della singolarità una popolazione replicata miliardi di volte su un numero definito di modelli genetici predeterminati. Rigidamente divisa in caste, questa umanità concepita in provetta (le nascite naturali sono state abolite, così da amputare alla radice ogni sentimento di affetto personale, ogni legame tra genitori e figli, potenzialmente distruttivo per una società che prospera sui concetti di comunità e condivisione, condizionata ad accettare il fatto che “ognuno appartenga a tutti” e che il proprio posto nel mondo, così come il proprio destino, sia scritto nel corredo genetico, allo stesso modo in cui lo sono i tratti del volto e il colore degli occhi) non conosce dolore, ansia e preoccupazione alcuna per il semplice fatto che non ha gli strumenti per figurarsi alcunché si situi al di fuori del proprio perimetro esistenziale, un perimetro deciso in laboratorio, rafforzato giorno dopo dopo giorno da infallibili tecniche di suggestione mentale e riequilibrato, ogni volta che ve ne sia la necessità, da una dose di droga chimica, un composto chiamato soma, dono dello Stato ai suoi cittadini.

“Le utopie”, scrive Nicola Berdiaeff nella citazione che apre il romanzo, “appaiono oggi assai più realizzabili di quanto non si credesse un tempo. E noi ci troviamo attualmente davanti a una questione ben più angosciosa: come evitare la loro realizzazione definitiva?… Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi d’evitare le utopie e di ritornare a una società non utopistica, meno ‘perfetta’ e più libera”; Huxley fa propria questa lungimirante previsione e dapprima la declina nella finzione del romanzo, dando libero sfogo a ogni eccesso della fantasia, non rinunciando al sarcasmo, all’ironia spesso velenosa, al ghigno, e trascinando la sua storia verso il dramma (nella società “civile”, nel mondo nuovo dove tutto è ordinato e finalizzato, finisce un “selvaggio”, un uomo educato secondo i vecchi principi, che non può accettare il prezzo pagato dalla società “illuminata” per il proprio benessere), poi, con Ritorno al mondo nuovo (pubblicato nel 1958, dunque oltre vent’anni dopo il romanzo, e tradotto per Mondadori da Luciano Bianciardi) riporta tutto su uno spaventoso piano di realtà mostrando quanto le sue più ardite ipotesi stiano già in gran parte divenendo fatti, quanto dunque sia urgente cominciare a pensare come liberarsi dall’utopia: “Processato dopo la fine della seconda guerra mondiale”, scrive Huxley in un capitolo fondamentale di Ritorno al mondo nuovo intitolato La propaganda sotto la dittatura, “Albert Speer, ministro hitleriano degli armamenti, fece un discorso in cui descriveva, con notevole acutezza, la tirannia di Hitler, e ne analizzava i metodi: «La dittatura di Hitler» disse «differiva per un aspetto sostanziale da ogni altra dittatura. Fu la prima nel nostro periodo di moderna evoluzione tecnica, e quindi si servì di tutti i mezzi tecnici disponibili, per la dominazione del paese […]. Molti hanno avuto l’incubo che un giorno le nazioni possano essere dominate con mezzi meccanici. Un incubo quasi realizzato sotto il sistema totalitario di Hitler». Quasi, ma non del tutto […]. Dai tempi di Hitler l’arsenale degli strumenti tecnici a disposizione di un ipotetico dittatore si è notevolmente ampliato […]. Grazie al progresso tecnologico, il Grande Fratello, oggi, può diventare pressoché onnipresente, come Dio. E il pugno d’un ipotetico dittatore si è rafforzato non soltanto sul fronte tecnico. Dai tempi di Hitler gran mole di lavoro si è svolto in quei campi della psicologia e della neurologia applicata, che sono settore specifico del propagandista […]. Oggi l’arte del controllo dei cervelli sta diventando una scienza […] quell’incubo non realizzato sotto Hitler può diventare realizzabilissimo”.

Tra romanzo (o favola, per usare la stessa definizione di Huxley) e saggio, tra fantasia e realtà, Il mondo nuovo e Ritorno al mondo nuovo sono e restano, malgrado il trascorrere degli anni, letture fondamentali, opere capaci di mettere in guardia, di risvegliare la coscienza e il pensiero critico, sono le luci che squarciano la tenebra uniforme e fittissima nella quale, ogni giorno di più, rischiamo di rimanere imprigionati.

Eccovi l’inizio del romanzo. La traduzione, per Mondadori, è di Lorenzo Gigli. Buona lettura e buon 2016 a tutti.

Un edificio grigio e pesante di soli trentaquattro piani. Sopra l’entrata principale le parole: “Centro di incubazione e di condizionamento di Londra centrale” e in uno stemma il motto dello Stato Mondiale: “Comunità, Identità, Stabilità”.

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