Recensione di “Il paese di Solla Sulla “di Dr. Seuss
Come definire esattamente un’esistenza tranquilla? Quando è possibile considerarsi, se non felici, almeno sereni? Quanti guai e quante preoccupazioni ci possiamo attendere nella nostra vita per giudicarla gradevole? E, all’opposto, quante angosce, quanti problemi siamo disposti a tollerare prima di convincerci di essere il bersaglio preferito della malasorte? Verrebbe voglia di rispondere “nessuno”; nessuna angoscia, nessun problema, nessuna preoccupazione, nessun guaio, e di certo questo è ciò che ognuno di noi augura a se stesso: un orizzonte completamente privo di nubi. Ma è davvero possibile che un’eventualità di questo genere si verifichi?
Naturalmente no, ma è proprio il paradosso generato da una tale domanda, il cortocircuito scatenato da una così “folle” riflessione (perché un conto è sperare una vita da sogno, un paradiso in terra, tutt’altra questione è aspettarsi questo miracolo!) il fondamento narrativo del delizioso apologo del Dr. Seuss intitolato Il paese di Solla Sulla.
Come in tutti i suoi lavori, anche in questa favola preziosa e divertente a colpire è innanzitutto la squisita musicalità della narrazione, l’affascinante semplicità della storia, raccontata in brevi strofe rimate (“Quando ero più giovane, sereno e felice/vivevo in un posto detto Valle di Bice/e niente di niente mi andava mai storto/finché… be’ un giorno che forse ero assorto/tra le margherite dai gambi allungati/guidato dai piedi come me spensierati…”), che in un momento conduce al cuore della vicenda e all’insegnamento che svela. Allo stesso tempo autentico, genuino e (anche se soltanto dal punto di vista squisitamente letterario) strumentale, il candore che anima la favola ci porta a riflettere su quello che è forse il più importante compito evolutivo che ognuno di noi è chiamato ad affrontare e superare: la presa di coscienza critica della sostanziale inevitabilità della sofferenza.
Così, nelle innocue vesti di un animale, Dr. Seuss dipinge dapprima la gelosa onnipotenza dell’infanzia, il cieco idillio tra il fanciullo e il mondo che non tollera interruzioni né imperfezioni di sorta (“E mai avendo avuto/altri guai fino a adesso/’Che sia il primo e l’ultimo!’/io dissi a me stesso”) e poi il faticoso percorso di maturazione del protagonista, che al termine di una disgraziata serie di avventure rinuncia a cercare un rifugio che gli assicuri la tanto agognata pace (rappresentato dall’illusorio paese di Solla Sulla, addormentato sulle rive del fiume Trastulla, dove chiunque vi giunga è certo di soffrire assai poco, anzi, “quasi nulla”) e si prepara a fronteggiare la vita, quali che siano le sorprese che gli verranno riservate.
Trascinato dalla sorprendente inventiva dell’autore, sedotto dai suoi folgoranti artifici linguistici, conquistato dall’ingenuità del protagonista, il lettore adulto – perché non si è mai abbastanza grandi per leggere con profitto un’opera del Dr. Seuss, è questa è senza alcun dubbio la sua più importante eredità – ha modo di tornare a riflettere su una lezione che dovrebbe aver da gran tempo imparato e, forse, anche di rivedere giudizi sulla propria situazione espressi con eccessiva severità.
Perché, come ben comprende, al termine delle sue faticose peregrinazioni, il buffo e tenero eroe del Dr. Seuss (e come capiamo, o ricordiamo noi, leggendo le sue avventure) l’alternativa al paese di Solla Sulla, e dunque al soffrir quasi nulla, non è l’ancor più irraggiungibile paese di Bao Baba Ballero (“sulle acque del Fiume Trallero/lì non soffre nessuno. Davvero!”), bensì il ritorno alla Vale di Bice dove tutto è cominciato, dove cioè si è lasciata una volta per tutte l’età dell’oro dell’infanzia e si è diventati “grandi”, o meglio, si è diventati persone, in quella terra felice e infelice, dove, essendo impossibile evitare i guai, non resta che ingegnarsi e trovare, per ognuno di essi, il giusto rimedio: “Avrò sempre dei guai/potrei essere morso/ dal Quaglione Pennuto/se mi addenta del posto/dove sono seduto./Ma ho con me un bel bastone./Da oggi in poi sono pronto./I miei guai si preparino…/io non temo lo scontro”.
Dolcissimo, irresistibilmente spassoso, intelligente, Il paese di Solla Sulla è una piccola, perfetta gemma; una lettura che pur esaurendosi in un battito di ciglia riesce indimenticabile per ciò che è in grado di donare e per il garbo con cui lo offre.
Eccovi, invece dell’incipit, il riassunto della quarta di copertina. La traduzione, per Giunti, è di Anna Sarfatti. Buona lettura.
Ci sono giornate in cui niente pare andare per il verso giusto. Non basta essere prudenti, non basta guardarsi attorno con attenzione, non basta nemmeno stare all’erta. Ecco perché conviene andare nel paese di Solla Sulla, sulle acque del Fiume Trastulla: chi ci va soffre poco, o quasi nulla! Che ne dici di cominciare un’avventura alla ricerca di questo paradiso?