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L’orso e il micio

Recensione di “Corpi al sole” di Agatha Christie

 

Agatha Christie, Corpi al sole, Mondadori
Agatha Christie, Corpi al sole, Mondadori

«Il mio lavoro è un po’ come il suo rompicapo, madame. Si mettono insieme i pezzi del mosaico… pezzi di ogni forma e colore… e ognuno deve combaciare con gli altri. Alle volte, poi, succede quello che è successo a lei, un momento fa, con quel pezzetto bianco. Si riesce a sistemare un gran numero di pezzi… si fa la selezione dei colori, ma tutt’a un tratto salta fuori un pezzo che per la forma e il colore dovrebbe adattarsi… a una pelle di orso, e invece si adatta alla coda di un micio». Così Hercule Poirot, l’infallibile investigatore creato da Agatha Christie, riassume, in Corpi al sole, il proprio metodo di indagine.


Si tratta, egli spiega, di ricostruire un puzzle, le cui tessere sono da una parte il crimine perpetrato, dall’altra i possibili colpevoli. Poirot è in vacanza in una splendida isola, e l’ambiente in cui si muove è quello consueto (sempre riproposto, con insignificanti variazioni, dall’autrice nei romanzi di cui è protagonista), raffinato quando non smaccatamente ricco, e frequentato da uomini e donne della borghesia più agiata.

Ma anche in uno scenario idilliaco, che niente sembra essere in grado di turbare o sconvolgere, si annida il male, e il nostro detective, all’indomani del misterioso omicidio di un’ex attrice, sposata da poco a un uomo integerrimo e nota a tutti per il vezzo di collezionare amanti, viene invitato a collaborare con la polizia locale per cercare di risolvere l’enigma. O, per dirla con le sue stesse parole, per ricostruire il puzzle.

“Una volta eliminato l’impossibile, quel che resta, per quanto improbabile, deve essere vero”, dice Sherlock Holmes (altra geniale mente investigativa citata a più riprese, e non senza un pizzico di compiaciuto humour, nelle pagine di questo delizioso mystery) al suo amico e compagno d’avventure Watson, e a questa saggia massima anche Poirot, impareggiabile studioso della natura umana, si attiene; sfortunatamente per lui, però, a giudicare dalle testimonianze raccolte dopo l’omicidio e dalle ricostruzioni che, basandosi su di esse, è lecito ipotizzare, nulla di ciò che dovrebbe essere vero risulta possibile.

In parole povere, sembra che tutti gli ospiti dell’albergo siano in possesso di alibi inattaccabili; di più, per alcuni di loro, l’alibi è rappresentato dallo stesso Poirot. Che fare dunque? Come muoversi? In che direzione orientare l’inchiesta? Come in ogni giallo classico che si rispetti, anche qui gli indizi che la Christie dissemina (a volte scopertamente, a volte con magistrale abilità, facendo passare ciò che scrive come un semplice accidente del racconto, una nota quasi superflua) conducono il lettore lontano da Poirot; le informazioni che raccoglie egli le sistema in un quadro che custodisce gelosamente, senza condividerlo con nessuno.

È un muto ragionare il suo, un continuo fabbricar pensieri che di tanto in tanto esplode in domande in apparenza prive di senso (quanto può essere importante, per esempio, appurare se qualcuno, la mattina del delitto, abbia o meno fatto un bagno? Eppure…) ma che nel suo infaticabile procedere finisce sempre per scovare la verità, non importa quanto in profondità sia stata nascosta.

E allora ecco che il metodo Sherlock Holmes torna a galla e si riflette in quel che Poirot definisce un “semplice ragionare”, che altro non è se non l’ostinato condurre le proprie riflessioni lungo un filo logico che vede nel sospettato più probabile il colpevole più probabile; agli inganni di Agatha Christie, ai suoi personaggi presentati in modo da offrire, ciascuno a proprio modo, il destro a “presunzioni di colpevolezza” invece che d’innocenza, all’intreccio di casualità che sembrano cospirare contro l’uno o l’altro dei presenti, al canto di sirena dell’illusione della verità, Poirot replica con la severa linearità del suo intelletto, con il suo acume che nulla lascia all’arbitrarietà dell’intuizione improvvisa ma tutto vaglia con precisione estrema, facendo emergere ogni falsa pista, ogni menzogna, ogni tranello. E il risultato è il colpo di scena, la sorpresa, la soluzione che lascia tutti (colpevole per primo) a bocca aperta: «Ho già detto una volta che la mia mente lavora nel modo più semplice. Fin dal principio ho ritenuto che l’assassino di Arlena Marshall fosse “il più indiziato”. E il più indiziato era […]».

Elegante, prezioso, a tratti divertente, piacevole dalla prima all’ultima pagina, Corpi al sole è uno dei tanti gioielli nati dalla penna e dalla genialità di Agatha Christie. Incantevole come l’isola nel quale è ambientato e appassionante come il delitto che vi commette.

Eccovi l’incipit. La traduzione, per Mondadori, è di Alberto Tedeschi. Buona lettura.

Quando il capitano Roger Angmering costruì una casa nell’anno 1782 sull’isola al largo di Leathercombe Bay, tutti lo giudicarono un eccentrico. Un uomo di buona famiglia come lui avrebbe dovuto avere una dimora decorosa circondata da prati spaziosi, magari con un terreno attraversato da un fiumicello. Ma il capitano Roger Angmering aveva un solo amore, il mare. Si costruì dunque quella casa, solida come doveva essere, su un piccolo promontorio spazzato dai venti e isolato dalla terraferma a ogni alta marea.

3 commenti su “L’orso e il micio”

  1. Rieccomi! Quando si parla di Agatha Christie, tutti pensano a Poirot, molti pensano anche a miss Marple, ma soltanto i suoi lettori più fedeli conoscono anche il suo personaggio più sottovalutato, Parker Pyne. Agatha Christie non gli ha mai dedicato un romanzo, ma è il protagonista di alcuni dei suoi racconti più belli.
    Visto che condividiamo la passione per il giallo, ti consiglio caldamente questo libro: http://www.fratinieditore.it/format.html. Mi ha tenuto incollato dalla prima all’ultima pagina.

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