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La contro-storia di ieri

Recensione di “Contro-passato prossimo” di Guido Morselli

Guido Morselli, Contro-passato prossimo, Adelphi
Guido Morselli, Contro-passato prossimo, Adelphi

Non il futuro alternativo che, nel rispondere alla domanda (così letterariamente feconda) cosa sarebbe successo se svela la propria intrinseca fragilità, pagando all’ebbrezza di una libertà creativa pressoché sconfinata il tributo (forse troppo alto) di una plausibilità negata, e neppure il tempo essenzialmente fantastico e tuttavia ben più solido e coerente della distopia, quel domani d’ombra che come un male muto ma tragicamente vigile si annida nelle imperfezioni dell’oggi pronto, al concorrere di poche, terribili circostanze, a farsi verità, a divenire realtà (tanto impensabile quanto concreta).


Quel che ci si trova di fronte leggendo Contro-passato prossimo di Guido Morselli, forse l’opera più ambiziosa e geniale dello scrittore bolognese, è un tempo radicalmente nuovo, una magnifica frattura della continuità, un delizioso scarto della ragione, una preziosa bizzarria capace di ridisegnare, con scientifica puntualità, e con una cura del dettaglio così sistematica da lasciare allo stesso tempo affascinati e stupefatti, la storia recente.

Ai fatti così come sono accaduti Morselli non oppone eventi che non si sono verificati (né mai potranno più essere), né è suo interesse indagare le ragioni per le quali le cose sono andate in un determinato modo e non in un altro e dunque provare a immaginare quale altra piega la storia avrebbe potuto prendere; di queste evanescenti prospettive, di questi sogni a occhi aperti la storia della letteratura ha padri in abbondanza, uno in più non solo non porterebbe arricchimento, ma rischierebbe di avvicinare la saturazione. Così, Morselli volta le spalle a tutti i possibili se e alle loro implicazioni (splendide e sterili) per dare vita a una vera e propria contro-storia, a un “universo parallelo” di fatti in tutto e per tutto speculare a quel che noi conosciamo e studiamo.

Ed è, quella di Guido Morselli, una contro-storia degna di essere letta e imparata, una finestra spalancata su un paesaggio la cui sostanzialità non può venir negata dalla metafisica evidenza del non essere. A un tempo romanzo storico e filosofico, Contro-passato prossimo muove l’assalto alla fortificata e in apparenza inespugnabile cittadella del “fatto”, di ciò che è innegabilmente successo, di quel che contribuisce a determinare il nostro essere e il nostro vivere, e al posto di queste cose, insostituibili, certo, ma ancora una volta solo in apparenza, egli presenta un altro passato, identico al primo quanto a verosimiglianza, con le medesime potenzialità di divenire storia, e lo racconta con la fluidità e l’esattezza di chi è chiamato a narrare nient’altro che quel che è successo.

E allora ecco che la Grande Guerra così come crediamo di ricordarla, con i suoi vincitori, i suoi vinti e le sue battaglie, sbiadisce, appassisce, perde consistenza, si sfilaccia in una impalpabile ipotesi di fantasia mentre al suo posto prende forma un “contro-passato prossimo” che vede trionfare gli sconfitti e soccombere i trionfatori, che agli sfiancanti, atroci e inumani scontri di trincea e ai massacri perpetrati grazie all’uso dei gas sostituisce la fulminea perfezione della “Edelweiss Expedition”, capolavoro strategico-tattico che permette all’Austria, quasi senza colpo ferire, di occupare l’Italia settentrionale e imprimere una svolta decisiva al conflitto. Compiuto il primo passo, scritta un’altra storia che ha la stessa validità della storia che crediamo nostra (ma è davvero così?), Morselli procede con lucida coerenza: la geopolitica di Contro-passato prossimo, infatti, è un ordine del mondo che non lascia spazio all’invenzione fine a se stessa, che non concede nulla al paradosso che è parte integrante del racconto basato sulla retorica del come sarebbero andate le cose se…?

Dal punto di vista della razionalità dell’opera, dunque – una razionalità sposa dell’assurdo, se si vuole, ma proprio per questo ancor più meravigliosa e scintillante – Contro-passato prossimo non ha punti deboli né cedimenti di sorta; non a caso l’autore, che lascia che il suo fiammeggiante estro trovi sfogo in una ironia pacata ma sempre pungente e in una raffinatezza stilistica di raro splendore, può spingersi, senza mai arrivare a forzare l’equilibrio del romanzo, o a minarne la credibilità, fino alla congiunzione di due universi paralleli, ospitando nella sua contro-storia, e in ruoli di primissimo piano, i protagonisti della nostra storia: “Giolitti, successore designato al ministro uscente, vide il Re a Roma il pomeriggio successivo. Accettò ‘con riserva’, ebbe tre incontri (non di più) con altrettanti suoi amici, compreso un certo prelato che lo teneva in contatto col Vaticano. Non gli occorrevano maggiori consultazioni: la sera alle nove, tornato al Quirinale, scioglieva la riserva”.

Romanzo ricchissimo (di suggestioni, di riflessioni, di autentica, cristallina bellezza) Contro passato-prossimo è un lavoro che non si dimentica. Un’ipotesi retrospettiva; così ha scelto di sottotitolarlo il suo autore, un’ipotesi che merita il piacere della lettura, della conoscenza e finanche dello studio, perché raramente la storia della letteratura ce ne ha regalata una così carica di immaginazione e insieme così impregnata di realtà.

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

Sera del 15 aprile 1910 (lunedì di Pasqua). In un suo Cahier des choses à revoir, peraltro portante nel risguardo il timbro del K. K. Kriegsministerium, 8° Sektion, Historicher Dienst, annotava, grafia meticolosa a dispetto delle scosse del treno: «Visitato con meraviglia la chiesa di Röschenen (Tirolo). Intemperante decorazione. Da ricordare: l’altare di sinistra. Lo sovrasta un morbido lenzuolo, più che sudario, di marmo, sventolando i lembi traforati di trine».

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