Recensione di “Foto di gruppo con signora” di Heinrich Böll
La vita di una persona, i suoi affetti, le sue conoscenze, i fatti di cui è stata testimone, quelli che hanno avuto origine dalle sue scelte, dalle sue azioni. Questo microcosmo, raccontato in tutti i dettagli, come se invece che le pagine di un libro si scorresse un dossier, poco alla volta supera i confini di un’esistenza singola, trascende ogni particolarismo e si apre alla descrizione di una società, di un pezzo di storia.
Si sviluppa così Foto di gruppo con signora di Heinrich Böll, uno dei romanzi più importanti e significativi del Novecento. La scrittura, per Böll, premio Nobel per la Letteratura nel 1972, è impegno civile, è coscienza, assunzione di responsabilità, rivendicazione orgogliosa, ma soprattutto limpida, sincera, del proprio credo, umano e politico.
Il nemico, l’ombra contro cui il grande autore tedesco, non solo in quest’opera, si scaglia con tutta la forza della sua indignazione è il nazismo (Böll durante il secondo conflitto mondiale venne arruolato e dovette combattere per il Reich); la denuncia dell’inumana ferocia del regime hitleriano è radicale; la retorica gonfia di nulla dei gerarchi, gli infiammati discorsi del Führer, i suoi appelli alla rinascita dell’orgoglio tedesco, considerati alla stregua di un vile inganno, di un ipnotico gioco di prestigio grazie al quale un intero popolo è stato derubato della propria coscienza e trascinato nel baratro, sono oggetto di uno scherno amaro, tagliente, glaciale, intriso di rabbia impotente, che a tratti lascia trasparire il rimorso, la “colpa” di dirsi tedesco (e di dover ammettere, per questo, di aver contribuito, malgrado tutto, a scrivere una delle pagine più atroci della storia). Böll, forse la più lucida e autentica coscienza della Germania post-nazista, riassume l’incubo della dittatura e gli anni della guerra nel personaggio femminile di Leni, la cui personalità emerge da un puntuale lavoro di indagine, da una ricerca assidua, metodica, dalle dichiarazioni di coloro che l’hanno conosciuta, frequentata, amata, odiata, tradita. Nel farlo, costruisce un romanzo che non somiglia a nessun altro, un’opera nella quale si annulla ogni differenza tra realtà e finzione; che insistentemente pretende dal lettore il medesimo rigore etico che nutre ogni sua pagina; e che non cessa mai di incalzarlo ricordandogli di avere coraggio, il coraggio di fare una scelta e di affrontarne in prima persona tutte le conseguenze.
Foto di gruppo con signora è un libro fondamentale, molto impegnativo ma di inesauribile ricchezza. Leggetelo, non vi abbandonerà più; e di questo gli sarete grati.
Ora l’inizio del romanzo. La traduzione, per Einaudi, è di Italo Alighiero Chiusano, autore anche della bella nota introduttiva al volume. Buona lettura.
La protagonista femminile dell’azione, nella prima parte, è una donna di quarantotto anni, germanica: alta m 1,71, pesa kg 68,8 (in abito da casa), perciò ha solo 300-400 grammi meno del peso ideale. Ha occhi cangianti tra il blu cupo e il nero, capelli biondi molto folti e lievemente imbiancati, che le pendono giù sciolti, aderendole al capo, lisci, come un elmetto. Questa donna si chiama Leni Pfeiffer, nata Gruyten, e per trentadue anni, naturalmente con interruzioni varie, ha subito quello strano processo che si chiama processo lavorativo: per cinque anni come impiegata priva di ogni preparazione professionale nell’ufficio di suo padre; per ventisette come operaia, ugualmente non qualificata, nel ramo della floricoltura.
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
Secondo me, questo romanzo è stato molto sopravvalutato. Il traduttore, Italo Alighiero Chiusano, studioso abbastanza noto per i suoi articoli su Repubblica, nell’introduzione al libro scrive che esso suscitò, al momento della pubblicazione, nel 1971, “un coro di lodi” sia fra i critici che fra i lettori. Chiusano, dopo aver accennato in pochissime righe a qualche giudizio negativo di critici tedeschi, senza darne nessuna spiegazione, passa subito a elencare, in tre buone pagine, i pareri entusiastici dei letterati italiani. Ma questi letterati pieni di ammirazione esprimono giudizi e apprezzamenti per lo più generici: “denuncia del nazismo”, “nuova stagione dello scrittore”, “rigorosa coerenza stilistica e architettonica”, ecc. Questi critici avevano delle rubriche fisse su quotidiani e settimanali, dove non potevano permettersi stroncature e giudizi pienamente sinceri. Per esempio, Alberto Bevilacqua, sul rotocalco “Oggi”, per dire che Böll è noioso e abbonda nella descrizione di dettagli insulsi, scrive che lo scrittore è “monumentale” e che “s’impaluda, a volte, in un descrittivismo che esaspera i propri labirinti e in cui si avverte un bisogno di riduzione, di snellezza; ma l’autore ha polmoni potenti e abbraccia il proprio orizzonte storico dalla sua statura non comune”. Io direi, piuttosto, che i polmoni potenti sono necessari al lettore di buona volontà che voglia terminare la lettura del libro. Anche gli altri critici che recensiscono con entusiasmo il romanzo di Böll non riescono a nascondere la loro delusione e la loro stanchezza di lettori affaticati e si tradiscono con qualche paroletta o anche con un solo aggettivo. Cito solo Luigi Baldacci, che definisce l’autore di “Foto di gruppo” “scrittore d’inconsueta statura” e scrive: “Una volta finito di leggere questo lunghissimo romanzo…”. Ma il romanzo non è affatto lunghissimo (appena 350 paginette), e ‘inconsueto’ è qui un aggettivo dal significato troppo incerto per essere una lode sincera. Questa era purtroppo, cinquant’anni fa, la nostra critica letteraria! (Oggi è anche peggio).
Quanto al romanzo, io non riesco a trovare nelle sue pagine questa grande denuncia del nazismo. Proprio non vedo, in questo racconto di storie minime, la specificità tedesca del nazismo. Il nazismo, la guerra e i bombardamenti fanno solo da sfondo a vicende umane che avrebbero potuto svolgersi, più o meno uguali, in qualsiasi altro paese in guerra.
Azzardo questo giudizio: “Foto di gruppo” è piuttosto un romanzo d’amore sensuale che non un affresco moral-politico-sociale, come crede la generalità dei lettori. E se Böll, pensando forse di trovare un distacco ironico dalla sua materia (forse per imitare lo stile ineguagliabile del ‘Buon soldato Sc’vèik’), non avesse costretto tutto il racconto in una soffocante cornice stilistica che è, di volta in volta, quella di un verbale di polizia, di una indagine giudiziaria, di una cartella clinica o di una intervista giornalistica, “Foto di gruppo” sarebbe probabilmente un bellissimo romanzo erotico, perché la vena più sincera e viva dell’autore è, almeno qui, una delicata sensualità. Invece, dove Böll vuole essere scrittore politico e morale (per esempio, nel lungo incontro del narratore con i due fratelli Kurt e Werner Hoyser, capitalisti emergenti), il discorso è forzato, freddo e didascalico.
Buongiorno. Prima di tutto grazie per questo ricco e articolato commento, con il quale tuttavia rispettosamente dissento. Böll è a mio modesto avviso la più lucida coscienza della Germania alle prese con le coseguenze, durissime sotto tutti gli aspetti, specie quello relativo alla responsabilità morale (di un popolo intero, sia chiaro, perché trovo sia questo il punto dirimente) della tragedia nazionasocialista, e in questo quadro tutti i suoi romanzi si possono considerare un solo lavoro, declinato, va da sé, in modulazioni differenti. A mio giudizio dunque, Foto di Gruppo con signora somiglia molto, fatta salva un’architettura narrativa che per quanto riguarda questo romanzo giudico felicissima e tutt’altro che di ardua lettura (all’inizio l’effetto è un po’ staniante, lo riconosco), a un altro suo capolavoro, Opinioni di un clown.
Spero vorrà continuare a seguire il blog.
Grazie ancora.
Paolo