Recensione de “I delitti di via Medina-Sidonia” di Santo Piazzese
Santo Piazzese, di professione biologo (è ricercatore presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Palermo), non è solo un grande appassionato di letteratura, è anche un abile scrittore. La sua prosa, fresca, vivace e leggera, è per i lettori un piacevole inganno. Un tranello in cui si cade volentieri.
Piazzese infatti ha il grande merito di non prendersi mai troppo sul serio; dà l’impressione di essersi dedicato al romanzo quasi per caso, tanto per provare, eppure fin dall’esordio (questo, I delitti di via Medina-Sidonia) sfodera un brillante talento narrativo e costruisce un giallo di ottima fattura, che nel rigoroso rispetto dei canoni del genere sa coinvolgere e sedurre, ha un intreccio solido, personaggi ben caratterizzati e credibili e un ritmo incantevole. In una parola, Piazzese si diverte, e sceglie di scommettere più sul suo entusiasmo che sulle sue indiscutibili qualità d’autore; conosce perfettamente il valore del suo lavoro e proprio per questo evita di farne un punto di forza lasciando invece campo libero alla dolce spensieratezza del suo stile di scrittura, presentata come un innocuo esercizio di dilentattesca anarchia, un tentativo come se ne fanno tanti, che solo per un capriccio del caso ha prodotto dei risultati. E poco importa che di casualità ne I delitti di via Medina-Sidonia non ci sia neppure l’ombra, o che le pagine del romanzo (che si leggono d’un fiato) siano in realtà meditate parola per parola e non buttate su carta seguendo l’estro del momento, perché Santo Piazzese non mente: la sua opera, infatti, è sopra ogni altra cosa un omaggio sincero alla letteratura, al suo assoluto amore per i libri.
L’omicidio, spunto letterario tra i più fecondi in assoluto, in Sicilia, terra funestata dalla mafia, è argomento difficile da trattare, è questione lacerante, tragica, confinata negli spazi angusti dei resoconti di cronaca nera, degli articoli di giornale saturi di sdegno impotente, dei rapporti di Polizia e dei documenti della magistratura; è una parola terribile, innominabile. All’odiosa e violenta dittatura della criminalità organizzata Piazzese oppone la libertà salvifica della scrittura, restituisce al delitto la sua “dignità artistica” e ambienta in una città di Palermo allo stesso tempo scintillante e derelitta un intricato giallo nel quale Cosa Nostra non ha cittadinanza. Non a caso, a indagare su un fatto di sangue che sembrerebbe un suicidio se non fosse per qualche piccolo particolare che non convince del tutto, non è un poliziotto (c’è un commissario a occuparsi del caso, naturalmente, ma è in qualche modo una figura di contorno), ma Lorenzo La Marca, un ricercatore universitario tanto colto quanto pigro, amante delle battute fulminanti, del buon cibo e delle donne, che Piazzese, con elegante autoironia, disegna guardando a sé.
Con qualche eccesso di vanità e di autocompiacimento, che peraltro gli si perdona senza sforzo, il biologo prestato alla scrittura (così l’autore ama definirsi) non risparmia polemiche stoccate – piazzate sempre in punta di penna – all’ambiente universitario nel quale La Marca lavora, ma non dimentica di dedicare ispirate pagine allo splendore della natura siciliana (la sorella di La Marca, assieme al marito, vive in un casale immerso in uno scenario da sogno; quando ci si trova lì, scrive Piazzese: “nelle più belle giornate di novembre […] vi pare di poter toccare le Eolie, fino a Stromboli, semplicemente allungando le mani davanti a voi. E l’Etna dall’altro lato. E le faggete d’autunno alle vostre spalle, sopra di voi. E le notti, così limpide che potreste contare, una per una, tutte le maledette gondole nei canali di Marte”), né di impreziosire il racconto con raffinate citazioni letterarie e musicali, che altro non sono se non garbati inviti al lettore a cogliere le cose belle della vita e a goderne.
I delitti di via Medina-Sidonia è un giallo tradizionale nel meccanismo narrativo e insieme un’opera originale, curiosa e soprattutto riuscita. È un felicissimo esordio. Leggetelo, non vi deluderà. E se poi vorrete continuare, ci sono altri due libri che vi aspettano: La doppia vita di M. Laurent e Il soffio della valanga.
Eccovi l’incipit. Buona lettura.
… le Breton, le Breton…, non fu lui a dire che una storia ben ordinata dovrebbe cominciare con la nascita del protagonista? Nel mio caso, scordatevelo. Non solo perché non è detto che sia io il protagonista di questa storia.