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Se non ho denaro…

Recensione di “Fiorirà l’aspidistra” di George Orwell

George Orwell, Fiorirà l’aspidistra, Mondadori

A partire dall’adattamento del celebre passo della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi, con la velenosa sostituzione del termine amore con denaro – “Anche se io parlassi tutti i linguaggi degli uomini e degli angeli, se non ho denaro divengo un rame sonante e un tintinnante cembalo. E quantunque avessi il dono della profezia e intendessi tutti i misteri e tutta la scienza; e benché io avessi tutta la fede, talché io potessi muovere le montagne, se non ho denaro non sono nulla…” – Fiorirà l’aspidistra di George Orwell sembra somigliare a un livido, rabbioso pamphlet antiborghese, a una sorta di resa dei conti tra l’autore, le proprie aspirazioni, i compromessi rifiutati e quelli accettati.


E in effetti il romanzo, denso di riferimenti autobiografici, contiene tutti questi temi: Gordon Comstock, protagonista della storia e alter ego del grande scrittore inglese, si ribella ostinatamente al proprio destino e rifiuta le poche certezze (economiche innanzitutto) che la famiglia è in grado di assicurargli per inseguire il sogno di divenir poeta. Pubblica in giovane età un volume di versi, riceve anche qualche lusinghiera recensione, ma presto il suo lavoro sprofonda nell’indifferenza generale e a due anni dall’uscita sopravvive, impolverato, nello scaffale invendibili della libreria nella quale lavora (“C’era anche il suo infelicissimo libretto, slittato fin lassù, bene in alto fra gli invendibili. Topi, di Gordon Comstock. Uno smilzo volumetto in ottavo piccolo, prezzo tre scellini e sei pence, ridotto ora a uno sparuto scellino. Dei tredici critici che lo avevano recensito (e The Times Lit. Supp. aveva dichiarato che rappresentava “una promessa eccezionale”) nemmeno uno s’era accorto del gioco non troppo sottile che si nascondeva nel titolo. E nei due anni dacché si trovava nella libreria McKechnie, non un solo cliente, non uno, aveva mai tolto Topi dal suo scaffale”). Ma è a questo punto, subito dopo la presentazione di questo ribelle testardo e sconfitto, che il romanzo si svela per quello che è: un’agrodolce critica sociale, una dichiarata presa di posizione politica e nello stesso tempo la dettagliata cronaca di come un sogno nobile possa trasformarsi, per egoismo, presunzione, malintesa fedeltà a se stessi e ai propri principi, in una perniciosa ossessione (quella per il denaro e per il successo personale, di cui la ricchezza è patente dimostrazione).

Ostaggio delle ristrettezze economiche in cui si trova, Gordon scivola progressivamente in un abisso: sacrifici e rinunce, scelti quasi più per non deviare da un’impossibile coerenza (affermarsi come scrittore, come poeta, rifiutando qualsiasi contatto con la rispettabilità borghese che tanto odia, e con un lavoro, un impiego da pubblicitario, che sconfesserebbe tutte le sue scelte di vita) che per reali necessità contingenti, rendono quasi impossibile la sua esistenza quotidiana. L’amicizia con il ricco Philip Ravelston, ideologicamente vicino alle classi più povere, non solo non gli è di nessun conforto ma aggrava il suo malessere – l’agiato Ravelston, infatti, dimostra di non comprendere fino in fondo cosa significhi non avere mezzi proprio perché non ha mai sperimentato questa condizione – e altrettante difficoltà gli causa la relazione d’amore con con Rosemary, alla quale vorrebbe poter dare ben più di quel che gli permettono le sue esigue finanze. Annientato da se stesso, Comstock si ostina a giudicare ogni cosa secondo un inflessibile criterio di coerenza e non si rende conto che non può essere la purezza a salvarlo; la cecità etica in cui si dibatte lo declassa a caricatura e smaschera la meschinità delle sue ambizioni (che si riducono alla brama di successo); così Orwell, che tanto di sé ha dato a questo personaggio, attraverso la sua parabola offre al lettore una riflessione amara e sottilmente ironica su quel che siamo e sul senso del nostro agire.

Alla fine, un raggio di sole (la paternità, dunque la responsabilità, la prima, autentica responsabilità della sua vita, consumata fino ad allora in una sterile prova di forza contro il mondo) illuminerà l’esistenza di Gordon Comstock permettendogli finalmente di comprendere quanto la vita sia ben più complessa e sfumata di quel che immaginava. E che fuggirla non può certamente essere la soluzione. Fiorirà l’aspidistra è un gran bel romanzo. Orwell è magnifico nella costruzione dei caratteri, deliziosamente sarcastico nel suo procedere, mirabile nello stile di scrittura e saggio nelle conclusioni. E il libro è un piccolo gioiello.

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

L’orologio batté le due e mezzo. Nel piccolo ufficio in fondo alla libreria del signor McKechnie, Gordon – Gordon Comstock, ultimo membro della famiglia Comstock, ventinovenne e già piuttosto muffito – oziava dietro il tavolo, aprendo e chiudendo col pollice un pacchetto da quattro penny di sigarette Player’s Weights.

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