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Naturgemälde

Recensione di “L’invenzione della natura” di Andrea Wulf

Andrea Wulf, L’invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l’eroe perduto della scienza, Luiss University Press

“Descritto dai suoi contemporanei come l’uomo più famoso al mondo dopo Napoleone […] Humboldt influenzò molti dei più grandi pensatori, artisti e scienziati del suo tempo. Thomas Jefferson lo considerava tra i principali artefici della ‘bellezza’ della sua epoca. Charles Darwin scrisse che ‘niente mi ha mai infervorato tanto come la lettura di Personal Narrative di Humboldt’, affermando che senza di lui non si sarebbe mai imbarcato sul Beagle, né avrebbe mai concepito Origin of Species. Sia William Wordsworth che Samuel Taylor Coleridge fecero propria nei loro componimenti poetici la concezione humboldtiana della natura.

Il più riverito tra gli scrittori naturalisti americani, Henry David Thoreau, nei libri di Humboldt trovò una risposta al dilemma di come riuscire a essere poeta e, insieme, naturalista: il suo Walden sarebbe stato un libro assai diverso senza Humboldt. Simón Bolívar, il rivoluzionario che liberò il Sud America dal dominio spagnolo, attribuì a Humboldt “la scoperta del Nuovo Mondo e Johann Wolfgang von Goethe, il più grande di tutti i poeti tedeschi, dichiarò che trascorrere qualche giorno con Humboldt era come ‘aver vissuto qualche anno’”.

Figura unica nella storia del pensiero scientifico, Alexander von Humboldt, rampollo di un ricca e aristocratica famiglia prussiana nato nel 1769, fu naturalista appassionato, viaggiatore instancabile ed entusiasta, studioso di straordinario vigore e altrettanto eccezionale curiosità, conversatore torrenziale e brillante, e ancora artista, poeta, scrittore e saggista, conferenziere ammiratissimo, padre del pensiero ecologista e convinto liberale in politica (per tutta la sua vita avversò lo schiavismo e denunciò le ingiustizie e le atrocità delle politiche coloniali), e plasmò con le sue conoscenze e le sue intuizioni il mondo così come lo vediamo oggi; ne scoprì le leggi, ma soprattutto insegnò a considerarlo in modo nuovo, a vederlo sotto una prospettiva mai considerata prima, e da questa prospettiva ad amarlo, a proteggerlo, a prendersene cura nello stesso modo in cui ci si prende cura di una creatura viva, uomo o animale che sia. Alexander von Humbolt, colui che, tra moltissime altre cose, “inventò le isoterme – le linee della temperatura e della pressione che si vedono sulle odierne mappe climatiche – e scoprì l’equatore magnetico […] ma soprattutto, ed è la cosa più importante, rivoluzionò il nostro modo di concepire il mondo naturale trovando connessioni ovunque”, e che “fu il primo scienziato a parlare di cambiamento climatico dannoso indotto dall’uomo” è raccontato nello splendido e documentatissimo lavoro di Andrea Wulf intitolato L’invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l’eroe perduto della scienza (In Italia pubblicato da Luiss University Press nella traduzione di Lapo Berti).

In oltre 500 pagine, corredate da un vasto apparato di note e da una altrettanto ampia bibliografia, la Wulf ricostruisce la vita di Humboldt seguendone ogni aspetto; dall’intimità familiare alla passione per la conoscenza, dal desiderio di viaggiare, di immergersi nella natura con la mente e con i sensi per apprenderla fino in fondo, ai legami d’amicizia strette con le più eminenti personalità del suo tempo, dalla scrittura delle sue opere al disinteresse nei confronti del proprio benessere, delle comodità della vita, sempre sacrificate in favore del progresso delle scienze e delle arti e di chiunque si impegnasse a promuoverlo. Forte di una scrittura allo stesso tempo elegante e di grande precisione, capace di farsi eco della visione humboldtiana della trasmissione del sapere, che doveva essere in grado di contemperare la fredda esattezza di una misurazione e la neutra enunciazione di un dato con l’emozione che la natura scatena nel cuore e nell’animo di chi la contempla, di chi arriva a sfiorarne l’intrinseca perfezione, Andrea Wulf ci offre un ritratto di uomo che non solo è stato capace di dare la propria impronta a una generazione ma che ha saputo andare oltre il tempo, spargendo ovunque principi metodologici e visioni d’insieme che ancora oggi costituiscono il fondamento di alcuni approcci (su tutti, quello relativo al cambiamento climatico, studiato da una rete di scienziati, climatologi ed esperti di tutto il mondo non dissimile da quella “Repubblica globale del sapere” che Humboldt tra XVII e XVIII secolo costruì solo grazie al suo esempio, ai viaggi, a una corrispondenza prodigiosa e alla diffusione dei suoi libri).

Così, la Naturgemälde di Humboldt, la sua visione di un mondo nel quale ogni cosa è intrecciata e dove l’uomo non è che un tassello tra i tanti, più responsabile di altri, certo, ma solo in forza dei danni che può creare, non certo in virtù di un “primato divino” che nulla ha a che vedere con l’equilibrio delle cose e di cui non esiste traccia nella natura, si fa cifra caratterizzante dell’opera di Andrea Wulf; una biografia splendida e avvincente come e più di un romanzo d’avventura che va ben oltre il mero racconto dei fatti di una vita (per quanto non comune) per illuminare un momento di svolta della storia, il momento in cui “il più grande di tutti gli uomini dal Diluvio Universale” (come ebbe a definirlo il re di Prussia Federico Guglielmo IV) schiuse la realtà agli occhi di ogni uomo, per tutti i tempi a venire. “È come se le sue idee”, scrive l’autrice, “avessero assunto una tale visibilità da rendere invisibile l’uomo che vi stava dietro”.

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

Procedevano strisciando sulle mani e sulle ginocchia lungo un alto crinale, così stretto che in alcuni punti non era più largo di cinque centimetri. Il sentiero, se così lo si può chiamare era fatto di strati di sabbia e pietre sconnesse che si spostavano appena le toccavi.

2 commenti su “Naturgemälde”

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