Recensione di “Cronache della Galassia” di Isaac Asimov
“La Trilogia Galattica di Isaac Asimov è il ‘ciclo’ fantascientifico più famoso […] del mondo […]. Eppure, se si confronta quest’opera così fortunata con altre grandi saghe spaziali, essa appare a prima vista assai meno ricca, e quasi incurante di quegli ingredienti tradizionalmente ritenuti capaci di attirare il lettore di fantascienza. L’infinita e paradossale varietà del cosmo è qui appena sfruttata, paura, orrore e meraviglia davanti all’ignoto non hanno parte nella composizione, armi, macchine, animali impensabili restano tra le quinte. Le impennate dell’immaginazione avveniristica sono ridotte al minimo […]. Perfino il ritmo della narrazione non ha quella concitata, incalzante rapidità che si accompagna di solito alle avventure tra le stelle. Dov’è allora il fascino di questo immenso affresco galattico, che lo rende così irresistibilmente leggibile?
Anzitutto, proprio la sua immensità, o meglio, l’impressione d’immensità che riesce a suscitare […]. Come tutti i veri libri, la Trilogia punta più sull’evocativo che sul descrittivo, e la Galassia che ne è protagonista risulta infine credibile e grandiosa proprio perché Asimov, da quel vero scrittore che è, evita di prenderla di petto e si adopera per farla costantemente balenare tra le righe. Stabilito il tono […] per trattare una materia fredda e remota per definizione, costruita come una cassa di risonanza piena d’incalcolabili, misteriosi echi siderali, Asimov mette in moto la sua vasta trama, ispiratagli, come egli stesso ammette, dalla Decadenza e caduta dell’Impero Romano di Gibbon […]. Non c’è dubbio che la ragione fondamentale del successo della Trilogia sta nel fatto che si tratta di un libro di storia […]. Chi vi si addentra può non conoscere Gibbon, Toynbee o Marx, ma la sua reazione sarà certamente quella dell’amatore di storia che si aspetta dallo ‘specialista’ un racconto e insieme una spiegazione del racconto […]. E a libro chiuso, la più difficile delle domande. È questo ramificato e stupendo ‘sistema’ romanzesco a dovere tutto agli scrittori di storia, o non saranno invece questi, con le loro ben congegnate fabbricazioni, a dovere tutto all’arte dei romanzieri?”. Così Carlo Fruttero e Franco Lucentini introducono Cronache della Galassia, primo volume del capolavoro asimoviano che si impose ai lettori di ogni latitudine dapprima come Trilogia Galattica (gli altri due libri che la compongono sono Il crollo della Galassia centrale e L’altra faccia della spirale) poi con il titolo di Ciclo della Fondazione (con il numero dei volumi cresciuto fino a un totale di sette), spiegando che, certo, di fantascienza si tratta, ma prima ancora che di un ben preciso genere narrativo, in queste pagine è con la letteratura che si ha a che fare. Più precisamente con la letteratura e la storia. Con la letteratura e la scienza.
È dunque un romanzo centrato sulla conoscenza, il suo fascino e i suoi pericoli quello che Isaac Asimov propone ai suoi lettori, una storia che non a caso ha per protagonista Hari Seldon, padre di una rivoluzionaria disciplina statistico-matematica nota come psicostoria (o psicostoriografia), il solo in grado di evitare che al crollo del colossale Impero Galattico, ormai imminente, seguano decine di migliaia di anni di oscurità e barbarie. Ecco dunque che da questo primissimo nodo narrativo gli ingredienti classici del racconto fantascientifico (un Impero onnipotente, il cosmo sterminato, i viaggi interstellari, qualcosa di simile a un complotto che si intuisce solamente, quanto basta per temerlo, e che getta la sua ombra su ogni cosa impedendo di leggere i fatti per ciò che sono, e naturalmente le meraviglie e le desolazioni dei pianeti, su tutti il lontanissimo Terminus, ai confini stessi dell’Impero, dove Seldon viene mandato affinché possa fare quanto è in suo potere per arginare il naufragio che seguirà il collasso del sistema) si mescolano, senza perdere in nulla della loro specificità e della loro forza, con i criteri, poco o punto romanzeschi, della ricerca, dell’analisi, dell’approfondimento, della scoperta. Ed è proprio in questo incontro, di assoluta e straordinaria originalità, che l’opera germoglia, coinvolge, avvince, perché nella prosa lineare e profonda di Asimov questi due elementi, lungi dal confliggere, o dallo stridere, trovano il modo di compenetrarsi, di essere l’uno la voce dell’altro, di comporre un quadro all’interno del quale ogni cosa è in perfetto equilibrio. Cronache della Galassia, insomma, come del resto l’intera Trilogia, cuore dell’opera asimoviana, è uno dei rarissimi romanzi di fantascienza nei confronti del quale il lettore, quasi inconsapevolmente, è portato a pretendere coerenza, verisimiglianza; e quel che egli domanda a quest’opera (una sorta di prossimità al reale, pur in una ambientazione totalmente inventata) è la lettura stessa a sollecitarla, è la vicenda stessa a farla emergere, una vicenda che è sì invenzione, ma invenzione del reale e che nel reale ha radici, respiro, senso.
Eccovi l’incipit del romanzo. La traduzione, per Mondadori, è di Cesare Scaglia. Buona lettura.
Hari Seldon… nato nell’anno 11.988 dell’Era Galattica, morto nel 12.069. Nell’attuale calendario dell’Era della Fondazione queste date corrispondono agli anni meno 79 e primo.