Vai al contenuto
Home » Recensioni » Avventura » Güero

Güero

Recensione di “Le strade di Laredo” di Larry McMurtry

Larry McMurtry, Le strade di Laredo, Einaudi

Joey Garza è un criminale. Un bandito inafferrabile che si muove lungo il confine tra Messico e Texas senza che nessuno quasi riesca a vederlo, rapina i passeggeri dei treni e uccide a sangue freddo chiunque gli capiti a tiro. Joey Garza è giovanissimo, è messicano ed è un güero, un uomo dalla pelle quasi bianca;
è figlio di una donna bellissima, Maria, che ha avuto quattro mariti (uno dei quali hai venduto Joey agli Apache, facendo quasi impazzire di dolore la moglie) e, oltre a lui, altri due figli, Rafael, ritardato mentale, e Teresa, che dalla mamma ha ereditato la bellezza ma che è venuta al mondo cieca, Maria ama tutti i suoi figli allo stesso modo; cerca di proteggere Teresa e Rafael perché loro, a differenza di Joey, sono deboli e hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro, ma per tutti e tre prova il medesimo affetto. Joey però non ama sua madre, la odia, la vorrebbe vedere morta, anzi vorrebbe ucciderla lui stesso, così come vorrebbe uccidere i suoi fratelli, che per lui non sono niente; Joey odia sua madre perché la considera una puttana: l’ha vista giacere con i suoi mariti e ha trovato disgustose, indegne di una donna (di una qualsiasi donna non sia una puttana, che merita solo la peggiore delle morti per ciò che è, per quel che si è ridotta a essere) le cose che faceva. Così Joey Garza decide di abbandonare la sua famiglia e di uccidere; sa farlo, può farlo, è il migliore in quello che fa. Uccide, e nel farlo afferma se stesso, la sua superiorità, la sua infallibilità; uccide, e a ogni morte si avvicina a quella finale, quella che sogna da sempre, quella che infliggerà a Maria, Rafael e Teresa. È in questo cupo scenario di disperazione che Larry McMurtry ambienta il bellissimo e straziante Le strade di Laredo (in Italia pubblicato da Einaudi nella sontuosa traduzione di Margherita Emo e Cristiana Mennella), degno seguito del suo indimenticabile capolavoro, Lonesome Dove (la cui recensione trovate qui).

Sono passati circa vent’anni dagli eventi racconti nel primo libro, il XIX secolo sta tramontando e l’Ovest, per quanto ancora selvaggio, subisce enormi trasformazioni, la più importante delle quali è rappresentata dalla ferrovia. Scomparsi gli indiani, eliminati i fuorilegge più pericolosi, a coloro che si erano consacrati al mestiere delle armi facendo rispettare la giustizia a suon di impiccagioni e di esecuzioni sommarie, ai Ranger del Texas e al loro capitano, il leggendario Woodrow Call, ormai sul viale del tramonto, restano quasi soltanto i ricordi. Ma Joey Garza giunge a sparigliare le carte. È una minaccia, una minaccia grave, come non se ne vedevano da tempo, e Call, malgrado l’età avanzata, viene assunto dalle ferrovie per dargli la caccia ed eliminarlo. Se qualcuno può riuscirci è lui, il capitano Call. Ma Call è solo, il suo inseparabile compagno di un tempo, Gus McCrae, è morto, i cowboy compagni di tante pericolose missioni hanno cambiato vita, persino il suo fedelissimo caporale Pea Eye si è lasciato alle spalle quella vita; ha sposato Lorena, la bellissima ex prostituta di cui Gus era innamorato e ora è padre di cinque figli. Fa il contadino ed è felice. Call però è sempre stato un ranger, nient’altro che un ranger, e ancora lo è. Lo sarà finché avrà vita, per questo accetta l’incarico. Catturerà da solo Garza, se necessario. Non importa quanto il mondo intorno a lui si faccia di giorno in giorno irriconoscibile, distante, estraneo, Woodrow Call incarna un destino, un unico destino. Così McMurtry racconta della caccia, dell’inseguitore e dell’inseguito, del cacciatore e della preda con un linguaggio di epica grandezza, scavando nell’eroismo imperfetto dei suoi personaggi, indagandone i moventi, celebrandone quasi a ogni riga la fragile umanità, scolpendo magnifici ritratti di ferocissimi delinquenti (menzione particolare merita, a questo proposito, lo psicopatico Mox Mox, il cui unico piacere è bruciare essere umani, donne e bambini in particolare) e più di tutto cantando, come un Ulisse del West, l’eroismo incancellabile dei sentimenti, che dà forma al mondo, che lo crea, allo stesso modo in cui il grembo materno crea la vita. Eroismo che si fa puro splendore letterario nella figura di Maria, madre ripudiata e nonostante ciò madre, unica levatrice del poverissimo villaggio in cui vive, e perciò ancora una volta madre, madre degli sfortunati Rafael e Teresa, madre dell’assassino Joey e madre di tutte le donne e degli uomini che a lei si affidano, e che il destino, nel protrarsi della caccia a Garza, le affiderà. Madre, e dunque amore e vita, vita a dispetto di tutto e di tutti in un tempestoso oceano di morte.

Le strade di Laredo è un romanzo magnifico, ipnotico e travolgente, e malgrado non eguagli in grandezza e perfezione narrativa Lonesome Dove non gli è da meno. Lasciatevi conquistare.

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

– I rapinatori di treni di solito non sono intelligenti, per fortuna delle ferrovie – disse Call. – Cinque rapinatori di treni intelligenti manderebbero in malora tutte le ferrovie del paese. – Quel giovane messicano è intelligente, – disse Brookshire, ma non poté essere più specifico, perché il vento gli portò via il cappello. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *