Recensione di “Teresa Batista stanca di guerra” di Jorge Amado
Chi è Teresa Batista? Una sgualdrina, una prostituta. Nient’altro? Un guerriero, un angelo, una santa protettrice. Ed è tutto qui o c’è ancora qualcosa? È una ballerina, la migliore ballerina del Brasile, è la regina del samba. Ed è la migliore e la più fedele delle amanti. Teresa Batista sa cosa significhi amare, amare davvero. Non c’è donna che lo sappia meglio di lei. Chi è, dunque, Teresa Batista?
Qualcuno che fu derubato della sua giovinezza, qualcuno cui non fu permesso essere bambina, qualcuno che, nella più delicata, preziosa e fragile delle età della vita, patì sofferenze che “ben pochi patiscono all’inferno”; e tuttavia, malgrado tutto questo, o forse (e misteriosamente) proprio in forza di ciò, anche una persona capace, da sola, di superare “il peggio del peggio” e di approdare alla riva della salvezza e del riscatto “col sorriso sulle labbra”. Indimenticabile eroina partorita dal genio creativo dello scrittore brasiliano Jorge Amado, la bellissima e terribile Teresa Batista, protagonista del quasi omonimo romanzo Teresa Batista stanca di guerra sorge, nella sua complessità che pare inafferrabile pur nella sua sostanziale chiarezza, nella sua piena trasparenza, nel militaresco ordine del suo universo morale, da un insieme di storie che di continuo mescolano dramma e commedia, che offrono degli uomini, del loro essere e del loro agire, abissi e vette, miserie, abiezioni e splendori. Attraverso un dialogo immaginario con un interlocutore interessato a conoscere ogni particolare dell’incredibile vita di Teresa Batista, Amado introduce il racconto dei suoi momenti più significativi; gli anni durissimi dell’infanzia e della prima giovinezza, segnati dalla mancanza dei genitori e soprattutto dall’arrivo del crudele pedofilo Justiniano Duarte da Rosa, che convince gli zii a vendere la piccola e ne fa, per anni, la sua schiava sessuale infliggendole ogni sorta di torture e vessazioni nel tentativo di domarne il carattere fiero e ribelle. Poi, a libertà e dignità finalmente riconquistate, ecco che la prosa quasi magica di Amado trascolora in toni che, abbandonate cupezza e disperazione, si accendono dei colori vivi della battaglia; Teresa ora è una combattente, una donna senza paura che insegna a tutti con il suo esempio che “le differenze [tra le persone] si rivelano in tutto il loro peso e nel loro esatto valore soltanto quando si tratta di battersi con la morte, quando si combatte in campo aperto; e allora l’unica norma è l’integrità della persona. Tutto il resto sono soltanto sciocchezze, ragioni di denaro e di falsa sapienza”. Teresa è colei che, assieme alle prostitute di Buquím, affronta, e sconfigge, il terrificante flagello del vaiolo nero.
Ferita ma non corrotta dalla bramosia selvaggia di Justiniano Duarte da Rosa, sfiorata ma non intaccata dagli artigli del vaiolo nero, Teresa affronta la più dura delle sfide di un’esistenza, quella dell’amore. Lei, il cui cuore, la cui anima, appartengono al marinaio Janu, incontrato per caso e poi salpato per chissà quali lidi, diviene qualcosa di più e di diverso da una semplice amante, dalla mantenuta di un facoltoso di uomo d’affari e proprietario terriero; ne diviene la confidente, la sola cui quest’uomo, all’apparenza solido e di successo, può confessare i propri patimenti, le sofferenze, la sconfitta di tutte le sue speranze rappresentata dalla famiglia, da coloro che gli sono più vicini, più cari. E che più di chiunque altro lo hanno tradito, deluso, umiliato, e che ora sono lì, attorno al suo letto di morte, a proseguire a suon di sguardi e di mezze parole una lotta fratricida durata anni, anzi decenni, e il cui unico desiderio e vedere Teresa andarsene, andarsene via, scomparire nuda e povera così come è arrivata. Teresa, la sola cui non è mai interessato trarre profitto dai mezzi quasi illimitati del dottor Emiliano Guedes. Teresa, che ha soltanto amato.
E allora eccola di nuovo tra gli ultimi, tra le puttane, a difendere l’esistenza di se stessa e di ciascuno, a proteggere la vita di tutte dalle sopraffazioni, dai colpi di mano, dai giochi di potere di pochi, lottando in pari tempo con forza e con astuzia, rivendicando in ogni momento ciò che è (una bagascia, sì, e perché mai vergognarsene? ma prima di qualsiasi altra cosa una donna), il suo essere sempre identica a se stessa al di là di ogni convenienza, di ogni calcolo egoistico. Donna, persona, luminosa e fiera al centro esatto di un mondo d’ombre. Persona, donna, e infine, ritrovato miracolosamente l’adorato Janu, madre; madre, e dunque speranza. Il dono più prezioso che Teresa Batista, stanca, stanchissima di guerra, trova ancora la forza di consegnarci.
Eccovi l’inizio del romanzo, per Einaudi, è di Giuliana Segre Giorgi. Buona lettura.
Quando si seppe che sarei tornato da quelle parti, subito tutti mi chiesero di farmi dare notizie di Teresa Batista e di mettere in chiaro certi fatti – quello che non manca a questo mondo è gente curiosa, no di certo.
Un bellissimo romanzo che ormai (quasi) nessuno legge più. Ho amato molto Jorge Amado, ho letto quasi tutto…. il mio preferito è “Dona Flor e i suoi due mariti”, divertentissimo.
Concordo. Anche io amo Amado e anche per me “Dona Flor e i suoi due mariti” è indimenticabile. Non a caso l’ho recensito.
Un caro saluto