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Quarantasei anni


Recensione di “Carlo Magno – Un padre dell’Europa” di Alessandro Barbero

 

recensione - alessandro barbero - carlo magno un padre dell'europa
Alessandro Barbero, Carlo Magno – Un padre dell’Europa – Laterza

“[…] se […] torniamo a riflettere sullo spazio politico in cui si muoveva Carlo Magno, e

che […] egli contribuì largamente a creare, è difficile non riconoscere che proprio con l’egemonia franca l’idea di Europa comincia ad assumere i connotati cui siamo abituati ancor oggi, nel bene e nel male; […] è indubbio che l’antico impero romano era una realtà mediterranea, che estendeva il suo dominio su tutte le sponde, europea, africana e asiatica del Mare Nostrum; mentre l’impero di Carlo era una realtà continentale, che aveva il suo baricentro nella valle del Reno, e in cui già emergevano gli orizzonti nazionali e regionali destinati a dominare l’Europa del secondo millennio. Certo, il delinearsi di questa nozione di Occidente risale già al tardo impero romano, e fu accelerato drammaticamente dalle invasioni barbariche. Ma proprio per questo assume particolare importanza il momento in cui le antiche province romane su cui si era abbattuta la catastrofe, e che per alcune centinaia d’anni avevano conosciuto, ciascuna, una propria storia più o meno autonoma, vennero unificate in una nuova entità politica, solo formalmente collegata all’antica. E quando si dice unificate, non s’intende soltanto che obbedirono, per poche decine d’anni del resto, a uno stesso imperatore; ma che leggi, le istituzioni di governo, le regole economiche elaborate in una sola di quelle province, la Gallia dominata dai Franchi, vennero estese all’insieme dell’Europa. Fu un processo lento, certo, le cui premesse erano già ben visibili nell’egemionia esercitata dai Franchi sui regni vicini fin nell’età merovingia, ma che trovò la sua sanzione formale soltanto il giorno di Natale dell’anno 800. L’incoronazione imperiale di Carlo Magno non dterminò, ma sancì la nascita di uno spazio politico nuovo, che a distanza di oltre mille anni continua ad apparirci familiare: un’Europa di cui la Francia e la Germania sono i partner principali, e in cui l’Italia padana è più integrata del Mezzogiorno, la Catalogna più del resto della Spagna, mentre la Gran Bretagna continua ad esserle in qualche misura estranea. Questa Europa nordica e continentale, latino-germanica per cultura, ma diffidente verso le regioni mediterranee e quasi del tutto dimentica di quelle greco-slave dell’Est, è un lascito di Carlo Magno; e non è affatto un caso che ancor oggi il cuore e il cervello dell’Unione battano a Bruxelles, a Strasburgo, a Maastricht, nel cuore dell’antico paese franco. E allora non ci stupiremo se proprio all’epoca di Carlo Magno il nome d’Europa comincia a comparire con frequenza inaspettata sotto la penna degli intellettuali d’Occidente”. Al termine di un’agile prima parte dedicata all’ascesa al potere di Carlo Magno e alle sue guerre di conquista e consolidamento del regno Franco, il bel saggio di Alessandro Barbero intitolato Carlo Magno – Un padre dell’Europa (Laterza) pone dinanzi al lettore, in tutta la sua profondità e chiarezza, il senso ultimo della storia: il suo essere imprescindibile strumento per la comprensione del presente.

In questo suo studio dedicato al sovrano dei Franchi, lo storico italiano esplora in ogni dettaglio la vita dell’impero carolingio, formalmente nato il giorno di Natale dell’anno 800; dalle architetture di governo ai rapporti (non sempre sereni) con la Chiesa; dalle procedure giudiziarie alle leve fiscali; dal reclutamento per le campagne militari e la difesa del territorio al sistema economico, fino alla cultura, e dunque al ruolo svolto dagli intellettuali in favore del regno. Quel che emerge dalla lettura delle oltre 400 pagine del saggio (corredato da una ricca bibliografia) è un quadro di affascinante complessità, dove a colpire sono tanto aspetti di sorprendente modernità (testimoniati in particolar modo dai numerosi sforzi di riforma promossi da Carlo Magno in quasi ogni ambito) quanto il disegno di un’Europa (ma forse sarebbe più esatto dire di un continente) in continuo divenire e nello stesso tempo in qualche misura già formata; nata, e per questa semplice e inevitabile nragione destinata a non tramontare, quali che siano i rivolgimenti da cui potrà venire investita.

Ancora una volta, le parole migliori per raccontare questo lavoro di straordinario interesse e di piacevolissima lettura – il saggio è assai ricco di informazioni che tuttavia non appesantiscono mai una prosa capace di essere insieme efficace e scorrevole – sono dell’autore, che nelle ultime pagine del volume, giunto alla morte dell’imperatore, così scrive: “E così Carlo Magno era morto, dopo aver regnato per quarantasei anni. Qualcuno […] si sarà certamente rallegrato: i tempi cambiavano, le carriere si sbloccavano, si aprivano nuove opportunità per chi fino allora aveva dovuto mordere il freno. Altri, forse i più, avranno provato una sensazione di smarrimento […]. E tuttavia non c’era nessuna ragione di allarmarsi, al contrario […]”.

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

Carlo Magno è rimasto indelebilmente impresso nell’immaginario europeo col titolo d’imperatore che gli venne conferito in San Pietro la mattina di Natale dell’anno 800.

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