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Di un tempo d’infanzia ormai troppo vecchio


Recensione di “Il segreto” di Sebastian Barry

recensione - il segreto- sebastian barry
Sebastian Barry, Il segreto, Bompiani

Un manicomio tanto fatiscente da essere quasi inabitabile in molte delle sue parti e

ormai destinato alla demolizione può essere un simbolo di come la malattia mentale, l’internamento, la reclusione forzata, il disordine violento delle cure non siano state altro, per molto tempo, che una sorta di odiosa tirannia, l’articolarsi freddo, spietato, di uno strumento di dominio esercitato da alcuni in danno di tutti gli altri. La realizzazione di una nuova struttura, d’altro canto, non lontano da quella destinata alla distruzione, potrebbe testimoniare di un mutato cambio di mentalità, del sorgere di una stagione differente, altra, nella quale una parola terribile come pazzia non debba più necessariamente essere sinonimo di condanna ma al contrario indichi un’attenzione nuova, benevola, sollecita verso la sofferenza, persino una sorta di curiosità, alimentata dalla coscienza di una diversità senza nome che alberga in tutti i cuori e in ogni mente e per giudicare la quale non esistono misura o norma unversalmente valide. E se un medico, responsabile dell’istituto prossimo alla distruzione e per questa ragione chiamato a decidere chi, tra i pazienti di cui ha la responsabilità, abbia ancora necessità di rimanere ricoverato, e chi invece possa considerarsi, se non guarito, quantomeno punito a sufficienza da essersi riguadagnato la possibilità della libertà, si fa voce del tempo che cambia, forse invecchia, e crescendo anch’esso acquista saggezza, o forse solo scampoli di misericordia, l’ospite (o per dir con più esattezza la reclusa) più vecchia di quel posto, da così tanti anni confinata tra quelle mura da non ricordare quasi più quel che la sua vita è stata prima del suo arrivo lì, né se una vita precedente alla sua condanna ci sia stata davvero, è il canto sommesso, dolente e ostinato di un’età bambina, di un’infanzia del mondo, o forse solo della sua terra, l’Irlanda, segnata da innominabili crudeltà, da ingiustizie feroci e terrificanti vendette, da travolgenti passioni che nella loro cecità, nella loro brama di soddisfazione non hanno lasciato dietro di sé che macerie. Ed è proprio il tempo, ripercorso a un tempo come memoria (dalla centenaria Roseanne McNulty, entrata in manicomio perché accusata di aver ucciso, in preda evidentemente a un attacco di follia, il proprio figlio appena nato) e come scoperta (dallo psichiatra a capo dell’istituto, incuriosito dal caso di questa donna, della quale non è mai riuscito a penetrare i molti misteri), il cuore e il senso ultimo dello splendido, lacerante romanzo Il segreto di Sebastian Barry (Bompiani, traduzione di Licia Vighi).

La prosa di Barry, delicata e potente assieme, traboccante d’umana pietà ma implacabile nello scandagliare con la massima precisione gli abissi d’abiezione di cui gli uomini sono capaci, si fa autobiografia sospesa tra realtà e immaginazione (o più probabilmente desiderio) nelle pagine che Roseanne, con le residue forze a disposizione, verga nel tentativo di dare alla sua esistenza, e a tutte le disgrazie che le ha portato, una ragione; Roseanne, malgrado tutto, ha vissuto e non lo ha fatto invano, ma quello che lei sente solo confusamente deve possederlo per intero, deve sapere chi è stata e cosa è stata prima di accettare la sorte di tutti: tornare a essere nulla. Poi, sullo sfondo di un presente grigio e neutro, che sembra svuotarsi di significato di fronte a un passato così denso di avvenimenti e drammi, un passato al cui centro divampano i fuochi della guerra civile irlandese, l’autore sceglie la quiete apparente dell’intimismo, la sincerità sussurrata ma vibrante e definitiva della confessione lasciando che il dottore racconti di sé, della moglie amata, tradita senza colpa e infine morta, soffocata da una pena che egli, come per una maledizione, riusciva solo a contemplare. E in questo viaggio fino al principio di sé il medico intreccia alla sua storia quella di questa donna sconosciuta, che per troppo tempo si è nascosta ai suoi occhi, nell’oscura convinzione che sciogliere gli enigmi della sua vita potrebbe aiutarlo a trovare una pace che gli è sempre parsa irraggiungibile. Forse perché non ha mai pensato di meritarla.

Romanzo che si legge d’un fiato, Il segreto è un autentico gioiello letterario, una storia difficile da dimenticare, impreziosita da una lingua perfetta, evocata, come una specie di incantesimo, da tutto quel che descrive.

Eccovi l’incipit, buona lettura.

Mio padre era solito dire che il mondo ricomincia da capo a ogni nascita. Si dimenticò di dire che finisce a ogni morte.

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