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Il Circolo di Jena


Recensione di “Magnifici ribelli” di Andrea Wulf

recensione - magnifici ribelli, andrea wulf
Andrea Wulf, Magnifici ribelli, Luiss University Press

Il secolo XVIII sta volgendo al termine. La Francia è alle prese con le conseguenze,

splendide e terribili, della rivoluzione e l’Europa la guarda attonita, spaventata, giubilante, lacerata tra attese quasi messianiche di un tempo nuovo e dure reazioni di chiusura da parte di chi vede minacciato lo status quo di regni, principati e ducati. Il secolo XVIII conta i suoi ultimi anni e a Jena, piccola e tranquilla cittadina del ducato di Sassonia-Weimar, si incontrano per caso personalità il cui destino sarà quello di aprire nuove prospettive al pensiero, un pensiero che si rivelerà capace di ridisegnare la coscienza del mondo intero. Johann Wolfgang Goethe, l’incarnazione stessa della poesia, il tormentato drammaturgo Friedrich Schiller, i filosofi Johann Gottlieb Fichte, Friedrich Schelling e Georg Wilhelm Friedrich Hegel, lo scienziato ed esploratore Alexander von Humboldt, il fratello Wilhelm, che fu linguista, traduttore, intellettuale coltissimo e diplomatico, il lirico Friedrich von Hardenberg, che raggiunse fama immortale con il nome, carico di fascino e suggestione, di Novalis, e ancora i fratelli Schlegel, August Wilhelm e Friedrich, scrittori e critici letterari entrambi, Ludwig Tieck, drammaturgo e poeta, e accanto a loro donne che scandalizzarono la società per la loro indipendenza di giudizio, la libertà rivendicata a gran voce, il diritto all’autodeterminazione: Caroline Böhmer-Schlegel-Schelling, scrittrice e traduttrice, Dorothea Veit-Schlegel, anch’essa scrittrice e traduttrice. Queste persone strinsero tra loro legami d’amicizia profondi e intensi sodalizi intellettuali, si aprirono gli uni agli altri alle contaminazioni delle rispettive visioni del mondo, scrissero assieme, pensarono assieme, correggendosi e arricchendosi a vicenda, si fecero portatori di un cambiamento che non aveva avuto eguali fino a quel momento, un cambiamento che aveva l’ambizione di ridefinire, poggiandolo su fondamenta inedite, il posto dell’uomo nella realtà e finanche la realtà stessa, che dell’uomo e non di Dio è creazione. Di questo gruppo di menti geniali, fondatori del movimento Romantico, e del loro straordinario impatto, racconta Andrea Wulf nel bellissimo Magnifici ribelli (in Italia pubblicato da Luiss University Press nella traduzione di Antonella Salzano), che così li introduce: “Erano nati in un mondo così diverso dal nostro che ci riesce difficile immaginarlo – un’Europa nella quale la vita dei sudditi era in balia dei monarchi […]. Ovunque, in Europa, c’erano filosofi censurati per le loro idee, scrittori messi al bando per i loro libri, accademici che perdevano il lavoro per aver espresso le loro opinioni e drammaturghi che finivano in prigione per le loro opere. Alcuni governanti avevano il diritto di decidere gli eredi o la professione dei loro sudditi, mentre altri potevano esiliarli, costringerli a lavorare o rifiutare loro il permesso di spostarsi […]. Alcuni monarchi potevano addirittura vendere i loro sudditi a potenze straniere come mercenari, altri davano in prestito interi reggimenti per finanziare le loro spese. Il mondo nel quale vissero i membri del Circolo di Jena era contrassegnato dal dispotismo, dalla disuguaglianza e dal controllo. Poi, nel 1789, arrivò la Rivoluzione francese […]. La Rivoluzione francese dimostrò che le idee erano più forti di re e regine. ‘Dobbiamo credere nel potere delle parole, dichiarò lo scrittore Friedrich Schlegel […] Caroline [Böhmer] credeva che ‘gli scrittori governassero il mondo’. Schelling ed Hegel avevano cantato entusiasticamente la Marsigliese mentre erano compagni di corso a Tubinga e il filosofo Fichthe […] poneva il , o l’Io com’è conosciuto in Germania, al centro della sua filosofia innovativa. Infondeva nell’Io la più inebriante delle idee: il libero arbitrio“.

Le opere, il loro sconvolgente portato, l’inestimabile ricchezza delle loro eredità, ma anche la difficile, spesso drammatica genesi di ciascuna di esse, le animate interminabili conversazioni sugli argomenti di più disparati, gli interessi enciclopedici di questi giganti del pensiero, per i quali non sembrava esserci argomento privo di interesse, materia che non andasse indagata, problema che non meritasse di essere affrontato, gli intrecci amorosi, le gelosie, le rotture e le riconciliazioni (quelle che avvennero come quelle che non furono possibili), le ricadute sociale e le vite personali, le riviste letterarie e le lettere private, i libri pubblicati e i diari intimi… Andrea Wulf esplora ogni angolo di un universo nel medesimo tempo minuscolo e sterminato, viaggia in un firmamento dove ogni stella brilla con l’intensità irresistibile di un sole e restituisce intatto non solo e non tanto un momento storico ricostruito con dettagliata precisione – la stagione della libertà di Jena durò all’incirca dieci anni e si concluse tragicamente con la conquista della città da parte delle truppe napoleoniche nell’ottobre del 1806 – ma ciò che quel momento concepì e diede alla luce e che l’autrice così riassume: “‘Il più straordinario dei fenomeni, il fatto eterno, è la nostra esistenza‘ scrisse nel 1797 Novalis. Il compito più importante della vita era afferrare il sé, poiché ‘senza una perfetta comprensione di noi stessi, non impareremo mai veramente a capire gli altri’. Lasciamo sedimentare questa frase di Novalis nella nostra testa per un momento. Ciò che intendeva è che siamo moralmente obbligati a guardarci dentro per essere buoni membri della società. Solo se siamo pienamente consapevoli di noi stessi – dei nostri bisogni, dei nostri desideri e dei nostri pensieri – possiamo veramente accogliere l’altro. Questa enfasi sull’Io significa che essere ‘autoconsapevoli’ è il prerequisito per ‘essere consapevoli del prossimo e prendersene cura. Solo attraverso l’autoconsapevolezza possiamo provare empatia per gli altri. Solo attraverso l’autoriflessione possiamo mettere in discussione il nostro comportamento nei confronti del prossimo. Intesa in quel senso, l’autoanalisi è funzionale a un bene superiore, il nostro, quello della nostra comunità, della società in senso lato e del nostro pianeta. Il Circolo di Jena ha dotato le nostre menti di un paio di ali. Come usarle, dipende interamente da noi”. 

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

Il 20 luglio 1794 Johann Wolfgang von Goethe si issò in sella, partì dalla sua casa nel centro di Weimar e spronò il cavallo alla volta di Jena, dove aveva in programma di partecipare a un convegno sulla botanica organizzato dalla Società di Storia Naturale, di recente fondazione.

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