Recensione di “I Promessi Sposi a fumetti” di Alessandro Manzoni, Claudio Nizzi e Paolo Piffarerio
Ancora una volta, con rinnovato piacere e immensa gratitudine, lascio la parola ad Antonio Marangi, esperto di letteratura disegnata e fondatore della rivista digitale “a fumetti e sui fumetti” Sbam! Comics (la trovate qui, scaricabile gratuitamente). A lui il compito di raccontare la versione a fumetti dell’opera immortale di Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, inizialmente pubblicata a puntate su Il Giornalino e in seguito riproposta in un unico volume dalle Edizioni Paoline.
Buona lettura a tutti.
Una pubblicazione dichiaratamente rivolta ai ragazzi delle scuole medie, per fornir loro “un approccio agile e accattivante con il capolavoro di Alessandro Manzoni”, come spiega la presentazione, “un lavoro attento e rigoroso teso a rispettare il testo manzoniano coniugandolo con lo spigliato strumento del fumetto” che ha portato dunque a “un volume di facile lettura e di grande presa che costituisce un tentativo dichiarato di strappare il celebre romanzo dalla ragnatela della cattiva fama scolastica per presentarlo come un’avventura appassionante”.
Pubblicato a puntate su Il Giornalino, l’opera intera è stata proposta nel 1989 in questo volume, la cui natura “scolastica” è evidenziata anche dall’introduzione, con il classico “la vita e le opere” di Manzoni, a firma di Giorgio De Rienzo.
Dal punto di vista strettamente fumettistico, non è un volume di facile lettura: queste riduzioni dei grandi classici risentono ovviamente della “fonte” e difficilmente hanno il ritmo di un fumetto “normale”. A meno che, ovviamente, non si concedano licenze e divagazioni dal testo che però, in questo caso, avrebbero snaturato l’aspetto didattico della pubblicazione.
Il grande Claudio Nizzi, autore della sceneggiatura, però, capovolge addirittura questo discorso, rammaricandosi, nella sua presentazione, dei “danni” che il mezzo-fumetto ha inflitto al romanzo: “Il fumetto, per sua natura e per sua estetica interna, deve economizzare le parole. La sua arma specifica è il disegno. E si esprime attraverso una successione di quadretti statici che si chiamano vignette […]. Ridurre a fumetti un romanzo significa dunque spezzettarlo in tanti «momenti statici» […] scegliendo solo quei momenti che, posti in successione, consentano al racconto di procedere e di svilupparsi. Ciò che se ne ottiene è una «narrazione visiva» molto scorrevole, nella quale tuttavia, per gli intrinseci limiti del mezzo d’espressione, i più nascosti pregi del romanzo, soprattutto di questo romanzo, restano fuori”.
La sceneggiatura di Nizzi rispetta dunque perfettamente lo scritto manzoniano, prendendosi una sola licenza: inserisce lo stesso Manzoni nella storia, con il ruolo del narratore incaricato di spiegare – come una voce fuori campo – i vari passaggi della trama.
Il tutto è magistralmente illustrato da Paolo Piffarerio, autore che in queste opere di stampo storico ha dato sicuramente il meglio di sé nel corso della sua carriera (ripensiamo al suo Fouché, ambientato durante la Rivoluzione Francese, realizzato su testi di Max Bunker). Anche lui si è attenuto il più possibile all’originale: “Per la costruzione dei personaggi, mi sono riferito alle vecchi incisioni che corredavano le edizione più vicine all’epoca in cui il romanzo è stato scritto” dice nella sua presentazione al volume, “operando però alcune variazioni nelle tipologie, per renderle più realistiche e meno oleografiche […]. Una visita ai luoghi manzoniani di Lecco mi ha aiutato a intravedere, tra le pieghe degli edifici che l’hanno trasformata nel tempo, l’antica cittadina e mi è stato così possibile ricostruire il paese di Renzo e Lucia, incorniciato da quei «monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo» che per fortuna sono tra le poche cose immutabili nei secoli”.