Recensione di “Le lacrime della giraffa” di Alexander McCall Smith
La signora Precious Ramotswe è una detective. Vive a Gaborone, capitale del Botswana, dove ha fondato la Ladies’ Detective Agency N. 1, la prima agenzia investigativa del Paese diretta da una donna.
Generosa nel fisico, la signora Ramotswe lo è altrettanto nel carattere; ha chiarissime idee su quel che è giusto e quel che non lo è, su che cosa è bene e su cosa è male; è abbastanza vecchia da ricordare (e rimpiangere) un mondo in cui valori come il rispetto del prossimo e la fedeltà alla parola data erano tratti distintivi delle persone e non patetiche stravaganze cui non è più il caso di prestare la benché minima attenzione, ma anche abbastanza giovane per ricevere proposte di matrimonio, e inoltre abbastanza intelligente e aperta per capire che il Botswana, pur nelle sue macroscopiche imperfezioni, è una terra feconda, felice e buona, che non ha del tutto perduto l’innocenza, e che con ogni probabilità non la perderà mai. Soprattutto, Precious Ramotswe è dotata di una sensibilità particolare, una sorta di sesto senso; conosce gli uomini, o meglio, la natura umana, ed è grazie a questo sapere, istintivo, rozzo eppure infallibile (o quasi) che esercita con successo la delicata professione di investigatrice privata. Il creatore della signora in questione è Alexander McCall Smith, professore di Medicina Legale all’Università di Edimburgo, Vicepresidente della Commissione Inglese per la Genetica e, non ultimo, raffinato autore di romanzi gialli e serie mystery (oltre ai casi di cui si occupa la Ladies’ Detective Agency N. 1 vanno citate anche le avventure di Isabel Dalhousie, filosofa e investigatrice, e le storie del 44 di Scotland Street) che hanno conquistato milioni di lettori in tutto il mondo.
Nell’esordio letterario di Precious Ramotswe (Le lacrime della giraffa) quel che immediatamente colpisce è l’andamento dolce, quasi sonnolento della prosa; il ritmo narrativo è quieto, eppure la vicenda incuriosisce fin dal principio, come il più seducente degli inviti. Merito, certo, dell’indiscutibile talento dell’autore, dell’accuratezza delle sue descrizioni e dell’articolato disegno dei caratteri, ma più di tutto della complessiva atmosfera dell’opera. McCall Smith, infatti, oltre a dare alla propria scrittura la freschezza e la spontaneità delle storie improvvisate che si raccontano tra amici, le regala anche una sorta di ingenuità e di innocente semplicità che riflettono, insieme al puro piacere di narrare dell’autore, il suo modo di guardare alle persone e alle cose, la sua filosofia, che si può riassumere in un ottimistico credo umanista.
Prendendo le mosse da questo suo convincimento, il professor McCall Smith dà alla prima indagine della signora Ramotswe – cui viene chiesto di scoprire che fine abbia fatto un ragazzo americano misteriosamente scomparso nel deserto da ormai dieci anni – un respiro originalissimo. Qui luce e oscurità, verità e menzogna, bontà e malvagità non sono soltanto indispensabili ingredienti dell’intreccio, o strumenti necessari al suo scioglimento, né lo sono i personaggi che via via si incontrano, perché il caso che viene affrontato, così come tutto ciò che ruota intorno a esso (e cioè le esistenze private della stessa signora Ramotswe, del suo futuro marito, il valente meccanico JLB Matekoni, della signorina Makutsi, segretaria della Ladies’ Detective Agency N. 1 poi promossa allieva investigatrice, dell’ambiguo docente universitario dottor Ranta e di molti altri ancora, compresi due bambini ospiti di un orfanotrofio e una cameriera non proprio integerrima) è essenzialmente uno studio sull’uomo, un suo ritratto allo stesso tempo dettagliatissimo e incompleto (e non potrebbe essere altrimenti, considerato che l’uomo è inesauribile materia di studio). A differenza di molti suoi colleghi letterari (si chiamino Miss Marple o Sherlock Holmes poco importa), Precious Ramotswe non risolve i casi grazie a ordinate deduzioni, geniali intuizioni o particolari capacità investigative; come già accennato, la sua carta vincente è qualcosa di totalmente diverso, una “affinità elettiva” con la natura umana, con le sue debolezze e con i suoi eroismi. È così che Precious Ramotswe trova la verità, leggendola nell’anima degli uomini.
Leggere Le lacrime della giraffa significa lasciarsi andare a ogni genere di emozione; significa commuoversi, sorridere, incupirsi e subito dopo aprirsi a una gioia squillante e sincera; e significa anche abbandonarsi alla magia di un racconto bellissimo. A ben guardare, non sono molti i libri che offrono così tanto.
Eccovi l’inizio. Buona lettura.
Il signor JLB Matekoni, proprietario dell’officina meccanica Speedy Motors di Tlokweng Road, trovava difficile convincersi che la signora Precious Ramotswe, la distinta fondatrice della Ladies’ Detective Agency N. 1, avesse accettato di sposarlo. Ciò era avvenuto alla seconda proposta; la prima volta che si era fatto avanti, gesto che aveva richiesto da parte sua un immenso coraggio, era incorso in un rifiuto – cortese e colmo di rammarico -, ma ciònondimeno un rifiuto. Di conseguenza, ne aveva dedotto che la signora Ramotswe non si sarebbe mai risposata; che la breve e disastrosa esperienza coniugale con Note Mokoti, trombettista e appassionato di jazz, l’avesse indotta a ritenere il matrimonio null’altro che una ricetta del dolore e della sofferenza. Dopotutto, era una donna dal carattere indipendente, con un lavoro e una bella casa tutta sua in Zebra Drive. Perché mai, si era chiesto, una donna del genere dovrebbe prendersi un uomo, dato che un uomo può rivelarsi assai difficile da gestire una volta che i voti siano stati scambiati e lui le sia entrato in casa? No, se fosse stato nei panni della signora Ramotswe, anche lui avrebbe probabilmente rifiutato una proposta di matrimonio, sia pure da un soggetto altamente ragionevole e rispettabile quale lui era.
Ma poi, in quella notte noumenica, seduti insieme nella veranda, dopo che lui aveva passato il pomeriggio a ripararle il furgoncino bianco, lei gli aveva detto di sì. E gli aveva dato questa risposta in modo tanto semplice e gentile, e così privo della minima ambiguità, da confermare la sua convinzione che la signora Ramotswe fosse una delle migliori donne del Botswana. Quella sera, quando era tornato a casa sua, vicino al Defence Force Club, JLB Matekoni aveva riflettuto sull’enormità della propria fortuna. Lui, un ultraquarantenne che fino a quel momento non era riuscito a trovare una moglie adeguata, aveva ottenuto la mano dell’unica donna che ammirava al di sopra di ogni altra. Una fortuna tanto grande era quasi inconcepibile, e il signor JLB Matekoni si chiese se non si sarebbe a un tratto svegliato dal sogno delizioso in cui era immerso.