Recensione de “Il tempo del padre” di Li Kunwu e Philippe Ôtié
Come capita spesso, è difficile dare giudizi precisi ed obiettivi su determinate epoche storiche o su quegli avvenimenti che in un qualsiasi modo riguardino le idee politiche contemporanee. Uno di questi casi è certamente l’epoca della Cina di Mao Zedong. Questa eccellente autobiografia a fumetti, pregevole saggio di graphic journalism, può aiutare: la vita di un cinese cresciuto proprio negli anni del regime di Mao e che ne ha vissuto tutto il percorso e le conseguenze nei decenni successivi, fino ad oggi. Li Kunwu, infatti, è nato nel 1955, pochi anni dopo la presa del potere da parte del Grande Timoniere. Oggi ripensa a tutto il suo vissuto, che è lo stesso di milioni e milioni di cinesi suoi contemporanei, per ricavarne questa pluripremiata opera in tre volumi, con il solo aiuto dello sceneggiatore francese Philippe Ôtié.
Già tradotta e pubblicata in 16 Paesi, è oggi anche in Italia grazie ad Add Editore, che ha proposto il primo dei tre libri, Il tempo del padre. Ed è su questo primo tomo che assistiamo alla nascita di Li, figlio di un importante funzionario del partito, quindi immerso già in partenza nell’ideologia alla base di tutta la struttura societaria ed economica dell’immenso ex Celeste Impero. Il giovane comincia a frequentare la scuola mentre scoppia la terribile carestia degli anni del Grande Balzo in Avanti, che mette a dura prova i suoi amici e parenti. Eppure mai nessuno dubita delle indicazioni del “presidente Mao” (impossibile nominarlo senza un opportuno titolo prima del nome), anche perché il ricordo della vita prima della rivoluzione, l’epoca “feudale”, ha lasciato troppi strascichi negativi tra i contadini e i ceti più bassi. Ma sarà in seguito, con la Rivoluzione Culturale, che la società si spaccherà davvero nel profondo: la lettura e l’applicazione dello Yu Lu, il Libretto rosso, mette gli uni contro gli altri, figli contro genitori, studenti contro insegnanti, amici contro amici. Fino alla morte del Grande Timoniere…
Abbiamo letto così il punto di vista di un testimone oculare dell’intera (o quasi) epoca di Mao e dei decenni successivi. Di più: di una mente giovane, “nuova”, perfetto foglio bianco nelle mani dell’ideologia. Li Kunwu cresce come un devotissimo maoista e, essendo molto bravo a disegnare, diventa addirittura uno dei cartoonist del regime, autore di migliaia di ritratti di Mao. Quell’esperienza ha formato il suo tratto, che ancora oggi, sulle tavole di questa graphic novel, ricorda molto da vicino le stampe della propaganda maoista, con personaggi dai profili forzati, spesso grotteschi, e le chine pesantissime di un nero secco, che non accetta ombre di sorta. Attendiamo volentieri i prossimi due volumi, per arrivare alla Cina di oggi: come ha scritto James Smart su The Guardian, «Quest’ambiziosa graphic novel ti trascina al cuore dell’ultima superpotenza mondiale, mostra quello che ha guadagnato e perso, e ti lascia, sessant’anni più tardi, soddisfatto e intrigato, con la sensazione di conoscere un po’ meglio il vasto e intricato presente cinese. Un viaggio profondamente umano attraverso la storia della creazione della Cina moderna che merita un grande pubblico».
(Antonio Marangi)