Recensione di “Dracula” di Bram Stoker
Bram Stoker, Dracula, Mondadori
Per un paradosso non infrequente nella storia della letteratura, uno dei libri più famosi in assoluto, Dracula, di Bram Stoker, non deve il proprio immenso successo alla messe di lettori che ha collezionato dalla sua pubblicazione a oggi, quanto piuttosto ai numerosissimi adattamenti (cinematografici e teatrali soprattutto) che ha ispirato.
Risultato di questa curiosa sorte è che, pur sapendo perfettamente chi sia il terrificante vampiro non-morto creato dallo scrittore irlandese (Stoker nacque a Dublino nel 1847), e come si svolga la sua storia, ben pochi di noi hanno del personaggio, e degli accadimenti che lo riguardano, una conoscenza diretta, nata dalle pagine del libro. Eppure il romanzo è splendido, avvincente, e si presta a una molteplicità di letture. Né pregiudica il piacere della sua scoperta il sapere già per filo e per segno quel che succederà (anche perché in realtà, come sempre accade con le riduzioni tratte dai libri, non lo so si sa fino in fondo).
In primo luogo, perché Stoker riesce da subito a sorprendere, scegliendo di narrare la storia del vampiro in una forma che, pur ricalcando quella del romanzo epistolare, se ne discosta e trova una propria felice originalità (i protagonisti del romanzo, a partire da Jonathan Harker, raccontano quel che gli succede in forma di diario personale, e le loro annotazioni, via via intrecciandosi sia a livello temporale sia dal punto di vista personale, danno vita alla trama complessiva dell’opera); poi per la finezza e la precisione della ricostruzione ambientale, per il magistrale crescendo della tensione drammatica e, non ultimo, per la perfetta caratterizzazione degli attori in gioco (l’equilibrio tra loro, tutti tratteggiati con la medesima attenzione perché ugualmente indispensabili allo svolgersi della vicenda, è particolarmente degno di nota se si considera l’ingombrante centralità della figura del vampiro e di quella del suo antagonista, Van Helsing, insieme medico, scienziato e mistico, pronto a combattere Dracula, e il male che rappresenta e incarna, anche con le armi della fede e della “superstizione”; croci, collane d’aglio, appuntiti paletti di legno).
Allegoria dell’eterno conflitto tra tenebre e luce, romanzo d’amore e d’avventura non privo di sottile sensualità, dolorosa parabola di solitudine, affascinante e romantica incursione nel mito alle soglie della razionale modernità novecentesca (il romanzo è stato scritto nel 1897), Dracula è un’autentica meraviglia letteraria, un’opera ricchissima. Il suo richiamo è irresistibile, non c’è che da prestargli orecchio.
Eccovi l’inizio del romanzo, si parte con il diario di Jonathan Harker. Buona lettura.
3 maggio, Bistrita. Lasciata Monaco alle 20,35 del 1° maggio, giunto a Vienna il mattino dopo presto; saremmo dovuti arrivare alle 6,46, ma il treno aveva un’ora di ritardo. Stando al poco che ho potuto vederne dal treno e percorrendone brevemente le strade, Budapest mi sembra una bellissima città. Non ho osato allontanarmi troppo dalla stazione, poiché, giunti in ritardo, saremmo però ripartiti quanto più possibile in orario. Ne ho ricavato l’impressione che, abbandonato l’Occidente, stessimo entrando nell’Oriente, e infatti anche il più occidentale degli splendidi ponti sul Danubio, che qui è maestosamente ampio e profondo, ci richiamava alle tradizioni della dominazione turca. Siamo partiti quasi in perfetto orario e siamo giunti a buio fatto a Klausenburg, dove ho pernottato all’albergo Royale. A pranzo, o meglio a cena, mi è stato servito un pollo cucinato con pepe rosso, buonissimo, ma che mi ha messo una gran sete (Ric.: farsi dare la ricetta per Mina). Ne ho parlato con il cameriere, il quale mi ha spiegato che si chiama paprika hendl, e che, essendo un piatto nazionale, avrei potuto gustarlo ovunque nei Carpazi. Ho trovato assai utile la mia infarinatura di tedesco; in verità, non so come potrei cavarmela senza di essa.
Salve signor Consigliere!
Seguo con molto piacere il suo blog, che mi ha portato a scoprire delle gemme preziose o a vedere da un altro punto di vista opere che già conoscevo. Una curiosità: visto che lei non mi sembra avere pregiudizi di sorta su autori e generi letterari, volevo chiederle cosa ne pensa di Stephen King, autore che, secondo me, merita attenzione ben maggiore rispetto a quella che la critica “classica” gli attribuisce.
Grazie mille per il suo splendido blog!
Pierangelo
P.S. chiedo scusa per l'OT. Ad ogni modo, concordo in pieno con il giudizio su “Dracula” !
Prima di tutto, grazie Pierangelo. Per la sua attenzione e per le cose che mi scrive. Quanto a King, non direi che la critica lo maltratti; si tratta comunque di un autore notissimo, celebrato, che ha pubblicato più di un best seller e cui il cinema si è rivolto spesso (e quasi sempre con successo). Certo, forse lo si ritiene eccessivamente di “genere” (uno scrittore che si diletta esclusivamente con l'horror-thriller, e per questo da considerarsi minore), ma come Dürrenmatt ha dimostrato che la letteratura gialla merita il massimo rispetto, così ci sono scrittori che hanno avuto il merito di ampliare gli orizzonti di altri generi e di dar loro piena dignità letteraria: solo per citarne un paio, Tolkien per il fantasy e Asimov (anche se oggi quasi nessuno lo legge più) per la fantascienza (pensi solo al ciclo della Fondazione!). Ecco, King a mio avviso fa parte a pieno titolo di questo gruppo di scrittori. E al di là di quel che generalmente si scrive di lui, credo che tutto sommato abbia l'attenzione che merita.
Spero in qualche altro suo intervento
Un caro saluto.
Paolo