Recensione di “Lady Susan” di Jane Austen
“Le opere secondarie di un grande scrittore sono sempre interessanti, perché ci offrono la migliore critica dei suoi capolavori. Qui sono più visibili le sue difficoltà, qui è meno abilmente celato il metodo con cui risolve”. È con le parole di Virginia Woolf che Ornella De Zordo apre la sua introduzione a Lady Susan (edito da Newton Compton nella traduzione di Daniela Paladini), lavoro di una Jane Austen appena ventenne che, tanto per la struttura narrativa (si tratta di un romanzo epistolare), quanto per la scelta dei caratteri (e in particolar modo per la figura principale, quella Lady Susan, fresca vedova e madre non proprio irreprensibile, sul cui conto circolano dicerie e pettegolezzi tutt’altro che lusinghieri), richiama subito alla mente quella che con ogni probabilità è l’opera più crudele della storia della letteratura: Le relazioni pericolose, di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos (nel caso siate interessati a leggerne la recensione, la trovate qui). Ma cosa ci dice, esattamente, della Austen letterariamente matura di Ragione e sentimento ed Emma questo suo squisito e perfido esercizio letterario? Per prima cosa che non di un mero esercizio si tratta, ed è ancora De Zordo a chiarirlo. “Lady Susan”, scrive infatti ”ci riporta a un’epoca precedente rispetto all’universo narrativo dei più noti romanzi austeniani, sia per la scelta formale che si colloca nella tradizione tipicamente settecentesca di Richardson, sia per la tipologia di personaggi appartenenti a una società aristocratica popolata di libertini e coquettes che nelle narrazioni successive verranno sostituiti dai protagonisti di quella middle class i cui comportamenti Austen rappresentò in modo esemplare con sguardo penetrante e impietoso. Eppure Lady Susan è qualcosa di più di un esercizio, di una ripresa pedissequa dello stile epistolare, e già fa intravedere il piglio beffardo che caratterizzerà i romanzi più riusciti, nei quali lo spirito ribelle della scrittrice verrà più sapientemente camuffato […]. Al centro sta il vecchio tema della capacità di seduzione di un femminile cinico e disinvolto, ma si affaccia già il motivo tipicamente austeniano della condizione di dipendenza economica, oltre che sociale, delle donne”.
E davvero sorprende il glaciale “ritratto di signora” che la Austen regala alla sua protagonista; a emergere dalle sue pagine, infatti, è la figura di una donna di non comune consapevolezza, ben conscia del proprio valore e soprattutto dei propri mezzi (una bellezza singolare, un eloquio in grado di avvincere e affascinare qualsiasi interlocutore, una capacità di persuasione che sfiora la manipolazione, un’assenza pressoché totale di qualsiasi emozione che non sia riducibile al mero calcolo d’interesse), che utilizza ciò che la natura le ha messo a disposizione non per semplice tornaconto personale ma per affermare una sorta di orgogliosa e ribelle “visione del mondo”, per mettere in discussione (o almeno provare a farlo) una radicata morale sociale in base alla quale il solo posto che spetta alla donna in quanto donna è quello di obbediente sposa e madre. Nel prendersi gioco dell’amore, e con esso di tutti coloro che nella sua rete finiscono, lady Susan Vernon non è dunque un semplice richiamo della celebre marchesa di Merteuil laclosiana; non c’è, nel romanzo della Austen, la spietatezza che attraversa Le relazioni pericolose distruggendo ogni cosa (e ogni persona) al suo passaggio, e non perché l’autrice pecchi in qualche modo di ingenuità, ma perché quel che le interessa esplorare è un tema diverso, e precisamente quello di una donna che, in anticipo sul proprio tempo e costretta ad adattarsi alle sue regole, cerca di farlo strappando ogni concessione possibile. Susan sa bene che i diritti che rivendica nelle appassionate missive (le uniche sincere) che invia all’amica miss Johnson, non potrebbe certo ottenerli limitandosi a chiederli, né si accontenterebbe di averne una minima parte in forma di benevola concessione strappata a un consorte pigro quanto a volontà e debole quanto a intelletto, così quel che fa è prima di tutto affermare se stessa e la propria individualità. Nel combattere il proprio mondo, Susan dichiara a gran voce di farne parte.
Romanzo tanto breve quanto intenso e travolgente, Lady Susan vanta una prosa di straordinaria grazia, dove a respirare sono l’acutezza psicologica, l’ironia, i perfetti ritratti d’ambiente. Lady Susan, in una parola, è una piccola, luminosissima stella.
Eccovi l’incipit. Buona lettura.
Mio caro cognato, non posso più rinunciare al piacere di approfittare del gentile invito che mi avete rivolto l’ultima volta che ci siamo lasciati, a trascorrere qualche settimana a Churchill, e quindi, se voi e Miss Vernon non avete nulla in contrario a ricevermi subito, posso sperare di incontrare tra pochi giorni una cognata che da tanto tempo desidero conoscere.
Ed io che pensavo che il primo di Zia Jane fosse L’Abbazia di Northanger… 🙈🙈🙈
La nostra amica cominciò a scrivere presto. E fece bene. Un caro saluto e grazie