Recensione di “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne
Può l’innovazione tecnologica rimpicciolire il nostro pianeta? Certamente sì, dal momento che, pur restando, oggi come ieri, identiche le distanze tra un luogo e un altro del globo, mezzi di trasporto di volta in volta più veloci ed efficienti permettono di compiere ogni sorta di viaggio in tempi sempre più ridotti. Se dunque al principio del Novecento a dividere Europa e America era una estenuante traversata oceanica di settimane, ai giorni nostri l’attraversamento dell’Oceano Atlantico non è questione che di qualche ora d’aereo.
Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento – nel 1872 per essere assolutamente precisi – la questione si poneva negli stessi identici termini per un piccolo gruppo di soci di un esclusivo club londinese, tra i quali spiccava un gentiluomo di indubbia originalità: Phileas Fogg. Era, allora, appena stato ultimato e aperto un importante tratto della Great Indian Peninsular Railway, cosa che avrebbe permesso a chiunque si fosse preso il disturbo di tentare l’impresa, così almeno aveva dichiarato l’autorevole organo di stampa Morning Chronicle, di compiere il giro del mondo in soli ottanta giorni. Ecco l’itinerario: da Londra a Suez passando per il Moncenisio e Brindisi (in ferrovia e piroscafo in sette giorni), da Suez e Bombay (in piroscafo in tredici giorni), da Bombay a Calcutta (in ferrovia in tre giorni), da Calcutta a Hong Kong (in piroscafo, in tredici giorni), da Hong Kong a Yokohama (in piroscafo in sei giorni), da Yokohama a San Francisco (in piroscafo, in ventidue giorni), da San Francisco a New York (in ferrovia, in sette giorni) e infine da New York a Londra (in piroscafo e ferrovia in nove giorni). Di questo viaggio, da più parti giudicato impossibile (in fondo non basta che un piccolo intoppo perché un così preciso e dettagliato tabellino di marcia vada a rotoli) e dei suoi protagonisti – per primo Phileas Fogg, armato del suo adamantino convincimento che “l’imprevisto non esista”, e cioè che sia sempre e in ogni caso superabile senza eccessivo danno, poi il suo domestico francese Jean Passepartout, giovane dai molti talenti e di grande coraggio, e ancora il tenace poliziotto Fix, convinto che Fogg, lungi dall’essere chi dice non è in verità che un volgarissimo (e abilissimo) ladro capace di derubare nientemeno che la Banca d’Inghilterra e talmente furbo da inventarsi un “giro del mondo” per andare a godersi chissà dove il frutto delle sue malefatte – racconta con prosa trascinante e vivace umorismo lo scrittore francese Jules Verne in uno dei suoi romanzi più noti, capace di conquistare generazioni di lettori: Il giro del mondo in 80 giorni. Interamente giocato sull’imperturbabilità dell’eroe, che nei fatti si limita a viaggiare, come se, invece che impegnato in una sfida tra le più ardue che si possano concepire (non si dimentichi in che epoca siamo) si stesse recando a visitare qualcuno, o preparando a un tranquillo pomeriggio di chiacchiere, e sul vitalismo spesso eccessivo di Passepartout (che con Fix forma una coppia indimenticabile nella sua buffa improbabilità), il lavoro di Verne offre una ricchissima messe di informazioni. Quel mondo verso il quale Fogg non prova il minimo interesse, Verne lo dipinge a colori vivacissimi, conducendo per mano il lettore nelle sue meraviglie e nei suoi misteri. E lo stesso fa con i mezzi di trasporto di volta in volta utilizzati da quella compagnia, che raccontano dello straordinario ingegno dell’uomo senza tuttavia mai nascondere i limiti di un creatore senza dubbio eccezionalmente capace ma imperfetto; e ancora il grande scrittore francese stupisce e affascina descrivendo gli spettacoli della natura, i diversi costumi degli uomini, gli accadimenti che si susseguono e che gettano Passepartout e Fix o nel massimo sconforto o al contrario nella più fiammeggiante esaltazione, a seconda che i disegni dell’uno (far sì che Fogg vinca la scommessa e compia il suo viaggio nel tempo stabilito) o dell’altro (assicurare il gentleman, dal quale peraltro Fix riceve a più riprese gentilezze che non fanno che imbarazzarlo e metterlo a disagio, alla giustizia) si avvicinino alla realizzazione.
Lavoro senza tempo, scintillante classico letterario, Il giro del mondo in 80 giorni non solo non perde di fascino con il trascorrere del tempo ma al contrario coinvolge, appassiona, diverte e insegna con immutata forza. Non si può chiedere di più a un libro.
Eccovi l’incipit. La traduzione, per DeAgostini (collana Classici), è di Valentina Beggio. Buona lettura.
Nell’anno 1872, la casa contrassegnata dal numero 7 di Saville Row, a Burlington Gardens – quella stessa casa che, nel 1814, aveva visto morire Sheridan, uno dei più grandi oratori inglesi – era abitata da uno dei soci di maggiore riguardo del Reform Club di Londra, Phileas Fogg.