Recensione di “Italia” di Marco Lodoli
Una giovane donna di servizio e una famiglia presso cui impiegarsi. Per trent’anni. La
storia di un Paese può essere raccontata anche così, attraverso la vita, o meglio le vite di persone comuni, esistenze nelle quali accade di tutto senza tuttavia che nulla succeda sul serio, perché l’illusione in cui tutti cadiamo, l’illusione che ognuno porta con sé e inconsapevolmente trasmette agli altri, è che una piccola cosa possa essere ignorata, dimenticata senza conseguenze, che possa nascere e morire senza che nulla venga modificato dalla sua parabola. Ma una cameriera e una famiglia borghese, padre, madre e tre figli, una famiglia romana tra milioni di altre, dicono qualcosa di diverso, affermano che la storia siamo noi, che lo sono le nostre anime e lo sono il bene e il male generato dalle nostre scelte. Non a caso dunque la ragazza che un giorno prende servizio in casa Marziali (proveniente da un istituto che forse è un orfanotrofio, forse un collegio, forse un anonimo angolo di paradiso precipitato in terra per tenere testardamente accesa una fioca luce di speranza, o magari soltanto un po’ di indispensabile pietà per tutti gli uomini) ha nome Italia, un nome che è simbolo, che ha uno straordinario potere evocativo, che è al tempo stesso riconoscibilissimo e misterioso, proprio come cristallino e oscuro, meraviglioso e terribile, è il luogo che porta quello stesso nome. E Italia è anche, anzi è prima di tutto il titolo del romanzo di Marco Lodoli che dei Marziali e della loro cameriera narra, lucida testimonianza del nostro tormentato ieri e assieme poetica rilettura di singoli naufragi che fanno da specchio alla deriva politica e umana di un popolo, di uno stato, di una generazione, o forse di molte, addirittura di tutte, che vagano cieche e misere nei labirinti della storia e che tuttavia, per quanto stentatamente, non cessano il proprio cammino, non si arrendono al loro stesso istinto di autodistruzione.
Italia vede ogni cosa, specie ciò che la famiglia Marziali cerca di nascondere anche a se stessa; non c’è nulla che non ricordi, che non sappia, ma la sua memoria, quel che conosce, non porta mai con sé una data; il tempo è un fiume eracliteo, uno scorrere incessante dove nulla è fermo, nulla è stabile perché un giudizio, se un giudizio è possibile dare delle umane tragedie, non può appartenere alla miope partigianeria delle persone ma solo e soltanto allo sguardo universale di Dio o alla compassione di un angelo. E forse Italia è proprio un angelo; un essere ultraterreno ed eterno (lei è la sola, in quella famiglia, a non invecchiare mai, neppure di un solo giorno) la cui disciplina ha nome misericordia, un angelo il cui compito non è giudicare ma accompagnare, e in qualche misura perdonare. E di perdono sa la scelta di nascondere nel proprio grembiule, durante una perquisizione della polizia, la pistola che uno dei tre figli Marziali, Tancredi, aveva portato con sé, determinato a portare avanti la propria lotta politica – ereditata dal padre, che alla caduta del fascismo militò nella Repubblica di Salò – con la violenza; così come intriso di perdono è il silenzio con il quale la cameriera accoglie gli amori infelici di Marianna, resa cieca dal suo divorante bisogno di darsi agli altri, di essere senza sosta degli altri senza mai riuscire a essere per gli altri.
La prosa di Lodoli, delicata come un sussurro, si apre all’immaginazione e al fantastico senza mai abbandonare davvero il solido terreno delle cose che sono, di cui tutti facciamo esperienza. Italia, sola, instancabile, respinge tenebre che non smettono di addensarsi, è un pensiero di bontà pura (ma non ingenua, non disarmata) che ostinato germoglia dopo ogni catastrofe, dopo ogni sconfitta; un pensiero magico, un pensiero per certi aspetti addirittura sovrumano, cui gli uomini, da sé, forse non riuscirebbero ad arrivare, travolti come sono dai propri meschini egoismi, e che proprio per questo è loro indispensabile. E che viene offerto come un dono inesplicabile e perfetto, dinanzi al quale non resta altro che abbandonarsi fiduciosi, o soltanto sfiniti.
Eccovi l’incipit. Buona lettura.
Nella mente ho scritto sempre, come su un foglio bianco, ma le date mai: ogni giorno l’ho registrato come un giorno qualunque, senza ricordi o speranze, senza precisione.