Recensione di “Avviso ai naviganti” di Annie Proulx
“Nella sua raccolta di saggi e recensioni In Rough Country, Joyce Carol Oates dedica
un’intera sezione del volume a Cormac McCarthy ed Annie Proulx: un accostamento ripreso più volte dalla critica, fino a diventare un autentico leitmotiv degli studi dedicati a quella che, insieme alla stessa Oates, è ormai considerata la scrittrice più importante nel quadro della narrativa americana contemporanea. Il lungo saggio che la Oates dedica alla Proulx si apre con una metafora particolarmente suggestiva, che non è difficile applicare, oltre che ai racconti del Wyoming su cui verte più nel dettaglio l’analisi, all’intera traiettoria narrativa dell’autrice: come in una piena improvvisa che alteri il corso tranquillo di un ruscello, i racconti più caratteristici di Annie Proulx si muovono con una sorta di casualità insieme sinistra e ingannevole in direzione del punto d’impatto, o del disastro; ma in Annie Proulx, come nel suo collega e coetaneo Cormac McCarthy, il cui west semimistico (New Mexico, Texas, Messico) è la versione sudista del Wyoming di questi racconti, il ‘disastro’ tende a essere annotato con un distacco quasi ironico, come la caduta di un passero, un evento come tanti altri nel cuore duro e implacabile della natura. Il rapporto tra individuo e natura, lo scontro tra un mondo segnato dai guasti della convivenza civile e un paesaggio spietato e mai consolatorio, che proprio perché non offre facili rassicurazioni garantisce ai personaggi una rigenerazione più dolorosa e duratura, sta al cuore dell’intera traiettoria narrativa di Annie Proulx“. Così il profilo bio-bibliografico della grande scrittrice americana introduce il lettore a quello che è forse il suo lavoro più noto, Avviso ai naviganti (Minimum Fax, traduzione di Edmonda Bruscella), dramma, saga familiare, tranche de vie e finanche storia d’avventura interamente giocata su un registro agrodolce, sui toni nel medesimo tempo marcati e sfumati di una comicità involontaria e compassionevole e di un eroismo limpido e minore che nel suo inosservato e (almeno in apparenza) impalpabile manifestarsi, ha la potenza sconvolgente dell’erosione e giunge, proprio come fa l’incessante lavoro del vento e dell’acqua sul profilo della roccia, a plasmare in forma completamente nuova un uomo convinto di aver definitivamente perduto se stesso.
Di quest’uomo di nome Quoyle, o meglio di “alcuni anni della sua vita”, superata un’infanzia alla quale è non si sa come sopravvissuto, voltate le spalle a una giovinezza che gli aveva insegnato, con durezza eccessiva, a non fare “affidamento su nulla”, narra Avviso ai naviganti, dapprima percorrendo assieme al suo inerte protagonista una vera e propria discesa agli inferi (culminata nella contemporanea perdita del lavoro e nell’abbandono definitivo della moglie, in realtà persa già all’indomani del matrimonio, naufragio da cui comunque sono nate due figlie), poi seguendolo passo dopo passo nella sua difficile risalita in un teatro (l’isola di Terranova) che richiama, come ben sottolineato dalla Oates, il silenzio ostile di tutto ciò che circonda l’uomo, che pare addirittura stringerlo d’assedio, in una vibrante lotta (per la sopravvivenza, non più per la supremazia) che vede l’uomo, nella sua strutturale debolezza, in qualche modo prevalere comunque, o meglio resistere, pagando però un prezzo ogni giorno più alto. L’assenza di equilibrio tra uomo e natura, la sproporzione di forze che dovrebbe risolversi nell’annientamento di tutto ciò che è umano (una tempesta, a Terranova, può causare devastazioni inimmaginabili) e che invece trascina la contesa trasformandola in una logorante guerra di trincea, è il simbolo trasparente di un altro conflitto, quello che senza sosta esplode tra le persone, quello che ha portato Quoyle, sull’orlo della disperazione, in questa terra inospitale assieme alle figlie e a un’anziana e rocciosa zia dal curioso passato (ma che pure in qualche modo ha a che fare con lui, con la storia della sua famiglia, con ciò che è); a differenza della disputa con la terra, tuttavia, la frattura che divide le persone le une dalle altre può essere sanata, le ferite inferte e subite possono cicatrizzare, alla sofferenza può seguire la pietà, a volte persino l’amore.
Vincitore del National Book Award e del Premio Pulitzer, Avviso ai naviganti è un romanzo di rara bellezza; la prosa di Proulx, commossa, autentica, viva, sfiora la perfezione e offre al lettore, attraverso il ritratto di un uomo, uno sguardo intenso sull’umanità tutta, o meglio su tutto ciò che è umano, e sui miracoli che proprio all’ombra di ciò che è umano malgrado ogni imperfezione fioriscono: “Perché se un uccellino dal collo spezzato era riuscito a volare via, allora cos’altro era possibile? Forse che l’acqua fosse più antica della luce, che i diamanti si sciogliessero nel sangue di capra caldo, che le cime delle montagne emettessero vampate di fuoco gelido, che le foreste spuntassero in mezzo all’oceano. E che un granchio venisse catturato con l’ombra di una mano, che il vento restasse imprigionato in una corda annodata, e che l’amore arrivasse senza dolore e senza sofferenza”.
Eccovi l’incipit. Buona lettura.
Quello che segue è un resoconto di alcuni anni della vita di Quoyle, nato a Brooklyn e cresciuto in una sfilza di tetre città di provincia. Con il viso coperto di foruncoli e le viscere bombardate da gas e crampi.