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Romanzi

Recensioni di libri di genere romanzo a cura de “Il Consigliere Letterario”.

Un’eroica, tragica odissea

Recensione di “Lonesome Dove” di Larry McMurtry

Larry McMurtry, Lonesone Dove, Einaudi

La natura è un dio immanente, capace di colmare gli occhi degli uomini di indicibile meraviglia e di flagellarne le membra e spezzarne lo spirito con la furia delle tempeste, la calura soffocante e implacabile, i morsi rabbiosi del gelo, l’astuzia predatoria degli animali selvaggi. Burattini su un palcoscenico sconfinato fatto soltanto di cielo e di orizzonti che costringono lo sguardo ad arrancare lungo una vertigine d’assenza, gli uomini, sconsiderati figli del respiro del vento e di una terra muta che è polvere ed erba, attraversano gli anni al riparo delle rozze consuetudini dell’amicizia virile, nello spontaneo affratellarsi figlio della guerra, nell’affetto incrollabile e primitivo che unisce l’animale al suo padrone rendendoli una cosa sola di fronte alle fortune e alla disgrazie e nell’inafferrabilità dell’amore, le cui segrete vie sono cammino d’esaltazione o dura marcia di sofferenza, spesso entrambe le cose. Leggi tutto »Un’eroica, tragica odissea

Come la lanterna di Diogene

Recensione di “Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij

Fedor Dostoevskij, Delitto e castigo, Einaudi

Che cosa determina la moralità di un’azione? L’intenzione con la quale la si pianifica e poi la si mette in atto? Il fine, lo scopo che persegue? Le conseguenze cui approda? Le risposte della coscienza? E può, la coscienza, legittimamente dirsi giudice di quel che viene compiuto? Possono i suoi tormenti testimoniare la verità del male inflitto e i suoi silenzi esser prova d’innocenza?

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La grammatica dell’odio

Recensione di “La città e i cani” di Mario Vargas Llosa

Mario Vargas Llosa, La città e i cani, Einaudi

L’esuberanza fiammeggiante dell’adolescenza, il sorgere incerto dell’amicizia virile, il tumultuare, spesso ingovernabile, dei sentimenti, e la disciplina imposta del collegio militare, le regole ferree e il desiderio bruciante di trasgredirle, la voglia di rivendicare la propria unicità, di difenderla da tutto e da tutti, dai compagni di camerata come dalla maligna impersonalità di ufficiali e sottufficiali, maschere e tentacoli dell’istituzione, dall’uniforme sovrapporsi delle giornate sempre uguali a se stesse, segnate dai riti collettivi dell’appello, delle lezioni e delle esercitazioni.

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Il gioco del mondo. E delle lettere

Recensione di “Rayuela – Il gioco del mondo” di Julio Cortázar

Julio Cortázar, Rayuela – Il gioco del mondo, Einaudi

“A modo suo questo libro è molti libri, ma soprattutto è due libri. Il primo, lo si legge come abitualmente si leggono i libri, e finisce con il capitolo 56 e alla pagina dove tre evidentissimi asterischi equivalgono alla parola Fine. Conseguentemente il lettore potrà prescindere senza rimorsi di coscienza da quel che segue. Il secondo, lo si legge cominciando dal capitolo 73 e seguendo l’ordine indicato a piè pagina d’ogni capitolo”.

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Zenone a Londra

Recensione di “Oliver Twist” di Charles Dickens

Charles Dickens, Oliver Twist, Newton Compton

Un paradosso non dissimile da quello zenoniano di Achille e la tartaruga, che vede il grande eroe incapace di raggiungere la lentissima testuggine, a patto che l’animale parta con un leggero vantaggio e che il percorso da compiere sia infinitamente divisibile, si applica a Charles Dickens e alla sua opera.Leggi tutto »Zenone a Londra

Il nodo inestricabile

Recensione di “Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie

Chimamanda Ngozi Adichie, Americanah, Einaudi

“Alexa, e gli altri ospiti, e forse anche Georgina, capivano tutti la fuga dalla guerra, dal tipo di povertà che distruggeva l’animo umano, ma non avrebbero capito il bisogno di scappare dall’opprimente letargia dell’assenza di scelta. Non avrebbero capito perché persone come lui, cresciute con cibo e acqua abbondanti ma impantanate nell’insoddisfazione, abituate fin dalla nascita a guardare altrove, da sempre convinte che la vita vera fosse altrove, ora fossero decise a fare cose pericolose, illegali, come partire; nessuno di loro moriva di fame, o subiva violenze, o veniva da villaggi bruciati, ma aveva semplicemente sete di scelte, di certezze”.

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Il crollo e la luce

Recensione di “Tutto cambia. La Saga dei Cazalet V” di Elizabeth Jane Howard

 

Elizabeth Jane Howard, Tutto cambia, Fazi Editore

La fragilità di un castello di carte, e il lento, inesorabile collasso di un corpo vinto dalla malattia. Il sorgere fulmineo di tempi nuovi, e il sipario che tristemente chiude una lunga stagione destinata all’oblio. Il mutare costante di un’organizzazione sociale e politica che sembra non riuscire più a dare punti di riferimento e l’affanno di chi, questa società, non riesce più a comprendere e non è in grado di affrontare.


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Il cinema e la svastica

Recensione de “La violetta del Prater” di Christopher Isherwood

Christopher Isherwood, La violetta del Prater, Adelphi

Isherwood è «leggero», con le sue mani stilistiche incredibilmente affusolate non stringe, non maneggia, non tocca, al più sfiora, allude, si mostra costantemente distratto, dimentico, e tuttavia è attento, crudelmente, minutamente attento alle rapide apparizioni che attraversano la sua arguta distrazione. Trascrittore di voci, Isherwood ama i dialoghi veloci e insensati, le conversazioni un po’ sciocche, ma dense di allusioni frivole e inquietanti: comiche tragedie.


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La terra, il mare, il ricordo

Recensione di “Era estate a quel tempo” di Nicoletta Verzicco

Nicoletta Verzicco, Era estate a quel tempo, Besa Editore

Il canto di sirena della terra e del mare, il richiamo irresistibile della bellezza, l’abbacinante splendore di luoghi che sono insieme tempo e spazio, perché è attraverso loro che spazio e tempo respirano, accogliendo nel loro grembo il disordinato procedere dell’uomo.


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Voce narrante non protagonista

Recensione di “Quelli” di Joyce Carol Oates

Joyce Carol Oates, Quelli, Rizzoli

“Questa è un’opera storica in forma narrativa… veduta cioè in una prospettiva personale, che è poi il solo tipo di storia possibile. Negli anni 1962-1967 insegnai inglese nell’Università di Detroit, una scuola diretta dai Gesuiti e frequentata da parecchie migliaia di studenti, molti dei quali pendolari. Durante tale periodo conobbi la “Maureen Wendall” di questo racconto. Era stata mia allieva in un corso serale e, alcuni anni dopo, mi scrisse e facemmo conoscenza.Leggi tutto »Voce narrante non protagonista