Hic manebimus optime
Recensione di “Miti romani” di Licia Ferro e Maria Monteleone
Quando si parla di miti romani, si finisce spesso per guardarsi negli occhi e chiedersi:
Recensioni di libri classici greci e latini a cura de “Il Consigliere Letterario”.
Quando si parla di miti romani, si finisce spesso per guardarsi negli occhi e chiedersi:
“L’attività di Teofrasto fu volta essenzialmente al consolidamento del grandioso piano di sistemazione dello scibile, promosso da Aristotele. L’enorme catalogo delle sue opere conta ben 229 titoli, che comprendono studi di storia naturale, di politica, di etica, di psicologia, di teoria letteraria, di polemica contro le scuole rivali […]. Di esse, comunque, la gran maggioranza è costituita da pubblicazioni scientifiche, riguardanti soprattutto la botanica, la zoologia e la mineralogia.Leggi tutto »“Non tanto perché piove, ma perché piove tardi”
Curiosamente, di uno dei massimi capolavori della letteratura latina, il Satyricon, è quasi più quel che si ignora di quel che si conosce. Frammentarie, infatti, sono le informazioni relative all’autore, tal Petronio Arbitro (personaggio legato alla variopinta corte neroniana del quale racconta con discreta abbondanza di dettagli Tacito nei suoi Annali, senza peraltro indicarlo esplicitamente come autore dell’opera in questione), e altrettanto lacunoso e incerto è il testo che ci è pervenuto.
Una satira accesa di rancore e di rimpianto, una comicità immediata, folgorante, che insiste sulla deformazione grottesca dei caratteri, sulla genialità delle soluzioni linguistiche, sulla sorpresa l’imprevedibilità e il paradosso; un meccanismo narrativo perfetto, il cui procedere scatena nel lettore una tempesta di emozioni contrastanti che tuttavia miracolosamente convivono tra loro: liberatori scoppi di risa, indignazione, malinconia e spensieratezza.
“L’eroe sofocleo rifiuta gli appelli alla ragione e le implorazioni, le preghiere, non intende ascoltare, dovrebbe imparare e non lo fa, non sa cedere, adattarsi, non accetta vincoli di sorta […]. Comunque vadano giudicate, queste persone incarnano dei valori […], Antigone è devota in modo ossessivo alla legge morale […]. Gli atteggiamenti mentali di certe controfigure (Ismene nell’Antigone […]) sottolineano maggiormente la durezza adamantina del protagonista […]. Attraverso Ismene, Sofocle dimostra anche come sia trasmissibile l’eroismo attraverso l’esempio, come esso abbia più forza del pensiero razionale”.
“Molti nel passato m’hanno detto lo sterminio rosso dei tuoi occhi. Quindi so chi sei, tu, figlio di Laio […]. Questi stracci, la faccia disgraziata gridano che sì, sei tu […]. Ti capisco. Mi sono fatto uomo anch’io in casa d’altri, come te. La morte in faccia, ho visto, più di chiunque, in scontri e rischi in terre strane. Perciò non volgerei le spalle a un pellegrino, come te, ora, senza tentare di risollevarlo. Sono solo un uomo. Giorno teso nel futuro non è proprietà mia: no, non più che tua”.
Di fronte agli inappellabili decreti del fato, la libertà dell’uomo non è che un fardello, il disperato piangere del neonato che con tutte le sue forze chiede di essere nutrito, rivendica il suo diritto a esistere, ma che può vivere solo per volontà altrui. L’oscurità e l’ignoto, materia dei suoi giorni, condannano all’impotenza, alla sterilità la sua volontà, le sue deliberazioni, ogni suo sforzo.
Le virtù eroiche e guerriere, la fierezza dei combattenti dell’uno e dell’altro schieramento, la stanca saggezza di Priamo, signore della superba Troia, l’indomito coraggio di Ettore, condannato dal fato al sacrificio di sé, l’orgoglio di Achille, il più valoroso tra gli Achei, l’amore appassionato e tragico tra Paride ed Elena, la spavalderia colpevole di Agamennone, comandante dell’esercito assediante, la furia inarrestabile di Diomede, che solo una volta giunto dinanzi ad Apollo depone la propria spada, la pazzia del nobile Aiace Telamonio, indotta da un incantesimo di Atena, e ancora Enea, difensore di Troia, il giovane Patroclo, perdutamente amato da Achille, che si reca in battaglia con indosso l’armatura dell’amico e soccombe a Ettore, l’astuto Ulisse, re di Itaca, tessitore di mortali inganni.
La conoscenza, offerta agli uomini come atto d’amore, e il sapere, la preveggenza, la capacità di svelare quel che ancora deve accadere, celata con ostinazione a Zeus, sovrano degli dei, despota potente e terribile il cui trono, appena conquistato, vacilla. Si muove lungo queste direttrici il Prometeo incatenato di Eschilo, il primo dei tre grandi tragici greci, simbolo della nobile tradizione classica e della sua eccellenza culturale, politica e sociale.
Leggi tutto »La fragilità di un uomo, l’immortalità di un dio
Gesù? Un ciarlatano, un impostore, un “mago”. E i suoi pretesi miracoli nient’altro che fole, invenzioni buone solo a circuire i semplici, a sedurre le loro menti e i loro cuori con l’inganno. E i convertiti? Persone in gran parte prive di raziocinio, inadatte alla speculazione filosofica, e come se non bastasse ultime tra gli ultimi, derelitte, appartenenti agli strati più infimi della società.