Tra colpa e imperfetta innocenza
Recensione di “38 racconti” di Erskine Caldwell
Non è facile raccontare con leggerezza il sud degli Stati Uniti al principio del Novecento. Sorridere rispettosamente (con quella teatrale condiscendenza che solo l’esatta conoscenza delle cose può regalare) delle dure condizioni di vita di uomini e donne; di quel sapere contadino, impasto di ignoranza ed esperienza vecchio di centinaia d’anni che è insieme eredità e fardello di generazioni perdute, scomparse persino dalla memoria dei vivi; di comunità ignare del trascorrere del tempo, legate a un’etica sociale rude e miope, che premia tenacia, fatica, volontà e forza fisica e si disinteressa di tutto il resto; della ferita aperta del razzismo, divenuta abito tanto per i bianchi oppressori quanto per i neri vittime, e di ogni altra ingiustizia che ne discende; di qualsiasi peccato infanghi quella terra.