Romanzo di un criminale
Recensione di “Diabolik: alba di sangue” di Andrea Carlo Cappi
Siamo abituati a pensare al romanzo come a qualcosa dotato di un’intrinseca traducibilità; una sorta cioè di “disponibilità” nei confronti di altri mezzi espressivi (il cinema soprattutto). E non importa che una storia raccontata in un libro basti a se stessa, che sappia coinvolgere, emozionare, perfino distruggere in alcuni casi; che riesca a radicarsi nella mente e nell’anima di chi legge come un pensiero ossessivo o un desiderio d’innamorato, perché la sua capacità di rinascere, di farsi nuovamente narrazione, di conquistare in modo differente un diverso tipo di pubblico, non solo non toglie nulla a ciò che il romanzo essenzialmente è, ma contribuisce a esaltarne la caratteristica principale: la potenziale universalità.