Un paradosso non dissimile da quello zenoniano di Achille e la tartaruga, che vede il grande eroe incapace di raggiungere la lentissima testuggine, a patto che l’animale parta con un leggero vantaggio e che il percorso da compiere sia infinitamente divisibile, si applica a Charles Dickens e alla sua opera.Leggi tutto »Zenone a Londra
Recensione di “L’amministratore” di Anthony Trollope
L’immaginaria cittadina di Barchester, “degna di nota più per la bellezza della cattedrale e l’antichità dei monumenti, che per una particolare prosperità commerciale”, specchio di tante altre reali città inglesi; il Jupiter, influente e temuto quotidiano dietro il quale si intravede The Times (che ai tempi di Trollope si chiava The Thunder); il saggio e mortifero dottor Pessimist Anticant, la cui fin troppo rigida figura, messa piacevolmente in burla, rivela più che nascondere il profilo di Thomas Carlyle; e infine il celebre romanziere Popular Sentiment, che altri non è se non Charles Dickens, il più noto e amato uomo di lettere dell’età vittoriana.Leggi tutto »Pessimist Anticant e Popular Sentiment
Recensione di “Da leggersi all’imbrunire. Racconti di fantasmi” di Charles Dickens
Colmo di disperato rimorso, ridotto in ceppi, terribile a vedersi eppure in qualche misura anche patetico, debole, infelice, lo spettro di Marley, insostituibile socio in affari (e in perfidi egoismi) del misantropo Ebenezer Scrooge, è con ogni probabilità uno dei più riusciti caratteri soprannaturali nati dalla penna di Charles Dickens.
“Ciò che dobbiamo fare, leggendo Casa desolata (Bleak House), è rilassarci e lasciare che sia la spina dorsale a prendere il sopravvento. Benché si legga con la mente, la sede del piacere artistico è tra le scapole. Quel piccolo brivido che sentiamo lì dietro è certamente la forma più alta di emozione che l’umanità abbia raggiunto sviluppando la pura arte e la pura scienza.
Recensione di “Il nostro comune amico” di Charles Dickens
Sono pagine di una concretezza impressionante, quasi fisica, quelle che aprono Il nostro comune amico di Charles Dickens, ultimo romanzo compiuto dello scrittore inglese, pubblicato da Chapman e Hall in 19 fascicoli mensili dal maggio del 1864 al novembre dell’anno successivo; pagine di impareggiabile qualità letteraria e nel medesimo tempo cariche di una realtà che non sembra avere nulla di artistico (e forse proprio per questa ragione è arte allo stato puro) né richiamarsi ad alcuna creativa artificiosità; una realtà ben più incisiva di qualsivoglia realismo, che porta il lettore a respirare i miasmi della Londra ottocentesca, a farsi lambire dalle fangose acque del Tamigi, a muoversi circospetto lungo e strade e vicoli di una città ostile, torbida e sudicia, e a toccar con mano la raggelante, inevitabile verità della morte.
Recensione di “Il mistero di Edwin Drood” di Charles Dickens
Che Charles Dickens, uno dei più grandi autori della storia delle letteratura, abbia lasciato incompiuto un romanzo giallo (il suo ultimo lavoro, Il mistero di Edwin Drood, interrotto a metà, il 9 giugno 1870, dalla morte) regalando così ai lettori un enigma privo di soluzione, potrebbe sembrare, più che una sfortunata (e perfida) coincidenza, uno scherzo ben architettato, l’ultima beffa di un narratore geniale; il divertito inganno di chi ben conosce la magia unica del racconto, la capacità di affascinare delle storie, e per questa ragione decide non solo di scriverne una che non abbia fine, ma di dar vita a un intreccio inquietante e carico di sorprese inaspettate, di colpi di scena, qualcosa, insomma, che spinga il pubblico a interrogarsi senza sosta, a misurarsi con la vicenda, a sfidare i fatti e il loro caotico svolgersi, in una parola, a scoprire la verità.
Recensione di “Racconti di Natale” di Charles Dickens
Nelle commosse scene di serenità familiare, nelle descrizioni d’ambiente, nelle caratterizzazioni spesso indimenticabili dei personaggi, il Natale dickensiano ha la perfezione dell’opera d’arte. Il grande autore inglese ha saputo renderlo unico; lo ha impreziosito con la grazia dello stile e lo ha raccontato (con il medesimo trasporto con cui si narrano storie di eterno fascino, che non ci si stanca mai d’ascoltare) a lettori di ogni età, mescolando l’ingenuità, il candore e l’apertura verso il fantastico e il soprannaturale proprie della fiaba al dettaglio duro, scomodo, diretto che caratterizza il realismo letterario e in modo particolare gli scritti di denuncia sociale.
Recensione de “Il circolo Pickwick” di Charles Dickens
A differenza di quanto comunemente si crede, Dickens non è uno scrittore per ragazzi; i suoi romanzi non sono ingenui, né l’universo morale che costruisce può dirsi semplice, o peggio scontato. Spesso nelle sue pagine è l’oscurità a serpeggiare, la tenebra dei peggiori sentimenti umani a palpitare, e il controcanto lieve, spensierato, che l’autore affida all’agire di alcuni personaggi o alla descrizione di determinati momenti altro non rappresenta se non la complessità, la varietà della vita, inestricabile groviglio di tragedia e commedia.
La maestria nell’utilizzo del bagaglio narrativo comico-brillante permette a Dickens di mascherare la forza d’urto dei suoi lavori; in qualche modo lo rende uno scrittore “adatto a tutte le età” ma nello stesso tempo ne cela la profondità, la ricchezza, l’inquietante splendore.
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