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E Johnny prese il fucile

Cristo delle trincee

Recensione di “E Johnny perse il fucile” di Dalton Trumbo

Dalton Trumbo, E Johnny prese il fucile, Bompiani

Cosa resta di un giovane tornato dalle trincee del primo conflitto mondiale senza più volto, cieco, sordo, muto e privo di tutti e quattro gli arti? Cosa si può dire di lui? Che è morto anche se il suo cuore non si è fermato? Che è vivo perché il suo cervello non smette di pensare e di inviare impulsi elettrici a quel che resta della sua carne, al tronco e allo stomaco violentato da un tubo d’acciaio attraverso cui passa l’indispensabile nutrimento? Cosa possono dire i medici di questo ragazzo, ferito tra milioni di feriti, mutilato tra milioni di mutilati eppure così diverso da ciascuno di loro da essere un caso unico al mondo? Di averlo salvato? Di averlo condannato? Di essere riusciti in un miracolo o di aver dato corso a un orrore indicibile? E cosa può dire di se stesso questo ragazzo? Cosa può pensare? Cosa può desiderare? Cosa può sperare?

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