“Una volta eliminato l’impossibile….”
Recensione di “Sherlock Holmes e la minaccia di Chtulhu” di Lois H. Gresh
Non v’è, tra gli estimatori di Charles Dickens (ma anche tra i semplici lettori, purché non
Non v’è, tra gli estimatori di Charles Dickens (ma anche tra i semplici lettori, purché non
Se il perfetto meccanismo dell’intreccio non è certo una novità, perché è assai raro che Agatha Christie deluda, quel che desta stupore e ammirazione ne L’assassinio di Roger Ackroyd, uno dei romanzi più famosi della scrittrice inglese, oltre allo slittamento del protagonista in un felicissimo secondo piano (Poirot conduce le indagini sul delitto, ma sembra più un personaggio di contorno; non a caso, e lo si dice espressamente, si è ritirato dall’attività per dedicarsi alla coltivazione delle zucche) è la scelta di narrare l’intera vicenda in prima persona: a farlo è il dottor James Sheppard, medico del villaggio di King’s Abbott, teatro del misterioso fatto di sangue.
«Il mio lavoro è un po’ come il suo rompicapo, madame. Si mettono insieme i pezzi del mosaico… pezzi di ogni forma e colore… e ognuno deve combaciare con gli altri. Alle volte, poi, succede quello che è successo a lei, un momento fa, con quel pezzetto bianco. Si riesce a sistemare un gran numero di pezzi… si fa la selezione dei colori, ma tutt’a un tratto salta fuori un pezzo che per la forma e il colore dovrebbe adattarsi… a una pelle di orso, e invece si adatta alla coda di un micio». Così Hercule Poirot, l’infallibile investigatore creato da Agatha Christie, riassume, in Corpi al sole, il proprio metodo di indagine.
“La logica non lo spiega. Non spiega perché, con tutti i capolavori che vanta il teatro, proprio Trappola per topi si replichi a grande richiesta da ormai trent’anni e sia diventata qualcosa tra l’istituzione nazionale e l’attrattiva turistica, sul genere di Buckingham Palace. Nemmeno l’autrice aveva le idee molto chiare, in merito. «È il tipo di commedia alla quale si può portare chiunque» aveva cercato di teorizzare con un giornalista.
Un’intuizione, o forse solo una curiosità. Poi lo stupore, l’incredulità attonita, prima manifestazione del senso di colpa, infine la caparbietà rabbiosa, la volontà di fare luce, di comprendere, di scoprire, di giudicare e punire. E un attimo prima che cali il sipario, la verità, tanto agognata e insieme altrettanto tenacemente nascosta; i fatti nudi e inerti, compiuti, immodificabili, che non assolvono e non condannano, ma che non si possono dimenticare.
Difficile trovare, nel ricchissimo universo del romanzo giallo, un espediente narrativo che abbia più fascino del “delitto impossibile”. Compiere un crimine senza che si diano, almeno in apparenza, le condizioni per poterlo fare, rappresenta infatti ben più che una semplice sfida all’acume e all’intelligenza degli investigatori; è una sorta di elettrizzante scommessa che l’assassino (perché il delitto per eccellenza, si sa, è l’omicidio) stipula con se stesso, un atto estremo, uno spingersi orgoglioso e tracotante al di là dei propri limiti.
Leggi tutto »Il fallace sillogismo della realtà “impossibile”
Pochi sarebbero disposti a credere che Jean-Baptiste Adamsberg sia un poliziotto, anzi, addirittura un commissario. Pochissimi, quasi nessuno a dire il vero, specie tra i suoi colleghi. Difficile dar loro torto, perché quest’uomo indecifrabile, distratto, pedante nel parlare, affascinato da tutto ciò che è curioso, insolito, capace, quasi si trattasse di una sorta di mago, o più probabilmente di un astuto fenomeno da baraccone, di indovinare la crudeltà che suppura dalle persone (da quel che dicono, dai loro gesti, persino dalle loro espressioni), refrattario a qualsiasi genere di metodo razionale di indagine, trascurato fin quasi alla trasandatezza nel vestire e incapace di giustificare le sue intuizioni, è quanto di più lontano esista da un investigatore.