Barrøy, isola-casa
Recensione di “Gli invisibili” di Roy Jacobsen
Un’isola che è poco più di una briciola di terra, uno scoglio perduto nell’immensità del mare, schiacciato dall’infinità del cielo.
Un’isola che è poco più di una briciola di terra, uno scoglio perduto nell’immensità del mare, schiacciato dall’infinità del cielo.
È il pensiero a darsi battaglia ne Il signore delle mosche, l’opera più celebre del romanziere britannico William Golding, Nobel per la Letteratura nel 1983. Quel che a prima vista sembra essere semplicemente un romanzo d’avventura, infatti, cela, tra le pieghe della trama, ben altra profondità.Leggi tutto »L’innocenza perduta su un’isola
«Il mio lavoro è un po’ come il suo rompicapo, madame. Si mettono insieme i pezzi del mosaico… pezzi di ogni forma e colore… e ognuno deve combaciare con gli altri. Alle volte, poi, succede quello che è successo a lei, un momento fa, con quel pezzetto bianco. Si riesce a sistemare un gran numero di pezzi… si fa la selezione dei colori, ma tutt’a un tratto salta fuori un pezzo che per la forma e il colore dovrebbe adattarsi… a una pelle di orso, e invece si adatta alla coda di un micio». Così Hercule Poirot, l’infallibile investigatore creato da Agatha Christie, riassume, in Corpi al sole, il proprio metodo di indagine.
Il viaggio, metafora fin troppo trasparente e abusata della presa di coscienza di sé, del tempo perduto, della vita mai davvero vissuta, riflesso nello specchio deformante della vacanza borghese, della villeggiatura quieta e noiosa, muta nel suo opposto, inciampa in un opaco groviglio di rimpianti, si smarrisce in un cortocircuito pensieri confusi, di desideri intensi e inesplorati, di sogni a occhi aperti che hanno il sapore metallico degli incubi, e finisce per ritrovarsi sempre nello stesso luogo, coincidenza di principio e fine, illusorio spiraglio di libertà, replica odiosa eppure irresistibile della quotidiana prigionia dell’esistere.Leggi tutto »La miseria di un uomo vivo
“Shakespeare ama la composita complessità, l’intreccio delle cose, della vita; ama la totalità e il suo inverarsi, intanto nella concretezza delle situazioni singole e particolari, ama il canto e il controcanto. «Non appartenne a un’epoca, ma a tutti i tempi» – di lui dirà Ben Jonson; ma nulla si lascia nel frattempo sfuggire di ciò che è più immediato, legato al momento, al brillio fascinoso dell’attimo, precario e perituro.
Un’isola deserta che conserva remote tracce del passaggio dell’uomo (un museo, una cappella e una piscina), un fuggiasco in cerca di speranza, o forse solo di sopravvivenza, e l’inspiegabile comparsa di un gruppo di persone, estranei chiusi in una routine di soffocante perfezione che inizialmente suscitano il terrore del naufrago, poi una sempre più accesa curiosità e infine il desiderio irresistibile di venir scoperto, visto, di far parte di quelle vite allo stesso tempo così vicine e così irraggiungibili.