Il ruscello e la piena
Recensione di “Avviso ai naviganti” di Annie Proulx
“Nella sua raccolta di saggi e recensioni In Rough Country, Joyce Carol Oates dedica
“Nella sua raccolta di saggi e recensioni In Rough Country, Joyce Carol Oates dedica
L’idea di un inferno, di un luogo oltremondano di dolore, sofferenza e umiliazione nel quale espiare in eterno peccati e malvagità commessi in vita, presuppone, prima ancora di quella (al tempo stesso vendicativa e consolatoria) di giustizia, un’altra idea; quella che vede, nella spaventosa galleria di atrocità compiute dagli esseri umani ai danni del loro prossimo, gradi differenti di orrore, variazioni, per così dire, della “qualità” dell’abominio perpetrato.
Davvero sono il grottesco e l’assurdo le fondamenta di ciò che è reale? E davvero è solo nella terra bagnata dalla menzogna che può crescere la verità? E davvero non sono che la malafede e la promozione a qualsiasi costo dell’interesse di parte i soli principi dell’agire umano che valgano il sacrificio e lo sforzo della lealtà?Leggi tutto »Notoriamente israelita
Che cosa resta all’uomo quando a morire è il mondo? Che cosa resta di un uomo, di tutti gli uomini, quando ogni altro esistere si è spento? Che cosa significa aprire gli occhi, respirare, lottare in uno scenario di cenere e polvere assalito dal buio, frustato dal gelo, spazzato d’aghi di pioggia? Che senso hanno un padre e un figlio, e l’amore incondizionato che lega l’uno all’altro, in un terra derubata di compassione, strappata alla vita, selvaggia, regredita a una primordiale condizione di ferinità?
“Cantami, o diva, del quinto cromosoma la mutazione recessiva! Cantami di come fiorì sui pendii del Monte Olimpo, due secoli e mezzo or sono, tra capre che belavano e olive che rotolavano. Cantami le nove generazioni per cui viaggiò sotto mentite spoglie, sopito nel sangue inquinato della famiglia Stephanides. E cantami la Provvidenza, che sotto forma di massacro lo risvegliò per trasportarlo, come fa con i semi il vento, fino in America, dove le piogge industriali lo fecero precipitare su quel fertile terreno del Midwest che era il ventre di mia madre”.
Il legame tra generazioni, le eredità spirituali trasmesse, le aspettative dei padri, la riconoscenza dei figli, l’amore e il dolore. Il finito universo della famiglia e le sue leggi. E la loro comprensione. E la loro accettazione. E il loro disintegrarsi. Improvviso e incomprensibile. E lo sconvolgente irrompere della sofferenza, intollerabile perché inspiegabile, perché insensata, perché irragionevole.
Crosby, nel Maine, è solo un angolo d’America. Una cittadina qualsiasi frustata dal vento e dall’Oceano Atlantico, un ricettacolo di vite comuni, affanni quotidiani, segreti tormenti e attimi di gioia. Un ripostiglio di ricordi, speranze, paure, sogni e desideri scanditi dal passare dei giorni, dall’alternarsi delle stagioni. Eppure è qui, in questo anonimo intrico di strade e case circondate dai boschi e dal loro eterno rigoglio che si vivono drammi, si conosce il dolore, si brucia di rimpianto e recriminazione, si soffocano in un silenzio carico di rabbia disperata parole che se solo prendessero forma produrrebbero ferite impossibili da rimarginare.
Ogni tanto è bello rileggersi anche i classici. Va benissimo Marvel Now!, da non perdere il nuovo corso di Dylan Dog, così come la novità Orfani. Fondamentale seguire The Walking Dead, e come pensare di non aggiornarsi sulle prossime uscite di Batman o – che so – sull’ultimo numero di Long Wei? Tutto giusto. Ma poi lanci uno sguardo alla tua biblioteca, così, distrattamente, mentre ci transiti davanti pensando che non hai nessuna voglia di fare un tubo, in questo periodo di limbo post-natalizio, e noti qualcosa di diverso. Ti cade l’occhio su quel volume, un po’ nascosto in un angolo, sotto la catasta dei volumi di Diabolik: è l’edizione completa di Maus, quella che – con opera meritoria – Rizzoli lanciò nel 1998. Da quand’è che non lo leggevo?
Definito dal suo stesso autore “un romanzo comico sulla morte”, Il dono di Humboldt di Saul Bellow, pubblicato nel 1975 (un anno prima che lo scrittore statunitense ricevesse il Nobel per la letteratura) e insignito del premio Pulitzer, oltre a essere un’agrodolce riflessione sul senso dell’esistere e sulla sua conclusione, è la ruvida esplorazione del mondo interiore di un uomo, delle sue speranze, dei sogni coltivati, delle sconfitte patite, delle illusioni cullate a dispetto di tutto e di tutti.
Racconto di un sogno di riscatto e di giustizia divenuto giorno dopo giorno realtà; commovente apologo sull’amicizia; omaggio sincero ed entusiasta allo sconfinato universo dei fumetti e al manipolo di giovani appassionati che con il loro lavoro e la loro determinazione regalarono alla letteratura disegnata uno strabiliante successo di pubblico, e allo stesso tempo riflessione – tanto profonda quanto rassegnata – sulle radici dell’odio e della discriminazione, sentimenti capaci di germogliare nell’animo umano con impressionante naturalezza: Leggi tutto »Il supereroe che sconfisse Adolf Hitler