Muti palpiti d’infelicità
Recensione di “Quel che resta del giorno” di Kazuo Ishiguro
Come il palpitare della vita percepito attraverso un grembo materno. Come il brulicare operoso, infaticabile, di insetti e formiche nella calda semioscurità dei loro nidi. Come l’erompere, il divampare delle forze primordiali della terra che il silenzio del mondo accoglie in sé. Come tutto ciò che, inespresso a parole, è costretto alla marginalità nervosa di un gesto, di uno sguardo, di un sorriso trattenuto, di una lacrima ricacciata in gola a forza.