Di Medea qui non c’è traccia
Recensione di “Un giorno perfetto” di Melania G. Mazzucco
Qual è il significato dell’espressione “troppo amore”? Di più, ha davvero un senso una
Qual è il significato dell’espressione “troppo amore”? Di più, ha davvero un senso una
Un paradiso tropicale e fondi praticamente illimitati cui attingere per i propri bisogni possono tenere a bada le preoccupazioni ma contro solitudine e nostalgia si rivelano armi spuntate, soprattutto se quel che manca, se ciò verso cui il pensiero incessantemente torna è il viso dolce di una bambina incontrata per caso, la cui vita, anche se per un brevissimo periodo di tempo, è diventata una cosa unica con la tua.
Città impossibile da abitare eppure indimenticabile. Città-mondo che esplode di contraddizioni, città-sirena dalle irresistibili lusinghe e città-memoria, che decadente si specchia nel proprio passato trionfante e polveroso. Città esausta, giunta alla fine del secolo curva su se stessa come un vecchio, e città divisa, arena d’angeli e demoni, cancello del paradiso e baratro infernale, sovrastata da un cielo diviso, il “cristiano” e il “romano”, destinati a restare “di segno opposto”.
Concluso ma non esaurito l’affresco di un’Italia opportunista, vile e corrotta raccontata, nello splendido romanzo I Vicerè, attraverso “il decadimento fisico e morale di una stirpe esausta” (quella degli Uzeda di Francalanza, discendenti da una nobile schiatta spagnola), lo scrittore napoletano Federico De Roberto prosegue nella sua dolente, infiammata, irosa ma non per questo meno lucida, meno penetrante riflessione politico-sociale – “L’Italia è una putredine, e Roma è il cancro che la distrugge.
È un mondo in lento disfacimento quello nel quale si consuma l’esistenza di Teresa Uzeda, donna inquieta, tormentata e appassionata, eroina tragica e patetica insieme, allo stesso tempo coraggiosa e vile, orgogliosa e pusillanime, capace di generosità come di grettezza, perduta in fantasticherie e sogni eppure lucida nell’analisi dei patimenti che la vita le riserva. Leggi tutto »L’oscura eternità di De Roberto
Difficile affrontare un’opera a buon diritto entrata nel novero dei grandi capolavori della letteratura e di cui si parla come di una lettura irrinunciabile. Difficile approcciarla, persino se ci si limita a raccontarne banalmente la trama, tanto è universalmente nota; arduo, insomma, esserne all’altezza.
Ha 24 anni Marco Valerio Marziale quando giunge a Roma. Si è lasciato alle spalle la piccola e quieta cittadina spagnola di Bilbili spinto dal desiderio di darsi alla poesia e di fare fortuna nella capitale dell’Impero. Ma nella caotica Roma, nel variopinto brulicare di vita delle sue strade e delle sue case, non trova che indigenza e stenti.