Una maschera, mille volti, nessun uomo
Recensione di “Mephisto” di Klaus Mann
Spinto fino al parossismo e all’ossessione, o al contrario utilizzato con freddo e calcolato
Spinto fino al parossismo e all’ossessione, o al contrario utilizzato con freddo e calcolato
Vivere nei libri, attraverso essi, tradursi in parole scritte, in versi, in dotte discussioni sullo stile, sulla grandezza, sul significato della letteratura e sul suo tradimento, incarnarsi nella prosa, vestirsi di stile, agghindarsi con i versi e la poesia, urlare con la tragedia, sogghignare aiutati dalla leggerezza della commedia, esistere interpretando, vagliando, analizzando, studiando, mentre il mondo, ignorato, si va vecchio.
Lo sconfinato universo delle possibilità – dalle più grandi e significative a quelle in apparentemente senza importanza, che si adottano o si scartano quasi senza rendersene conto – racchiuso nello spazio finito (ma sempre cangiante) di un palcoscenico; e al centro, allo stesso tempo soggetto e oggetto dello spettacolo che sta per andare in scena, una vita vissuta e colui che, scegliendo passo dopo passo, decidendo, prendendo una direzione in luogo di un’altra, l’ha resa tale, disegnando assieme a essa se stesso, definendosi come persona, identificandosi in ogni scelta.
«A sei anni decisi di diventare uno scrittore, e cominciai con delle poesie. Pensavo che scrivere fosse molto più semplice che lavorare – ora so che è il contrario. A ventisei anni mi accorsi che i miei versi erano sì migliorati, ma non tanto da potermi considerare un poeta. A quindici avevo già scritto il mio primo romanzo, a diciassette il secondo: credo che si possano considerare i due peggiori che siano mai stati prodotti in America.Leggi tutto »La notte del massacro
Domenica 11 luglio 1982. Pomeriggio. Ancora poche ore e la Nazionale italiana di calcio di Enzo Bearzot scriverà un’indimenticabile pagina di storia sportiva laureandosi, per la terza volta, campione del mondo di calcio. Ancora poche ore e il Paese intero si riverserà, eccitato e gioioso, per strade e piazze cantando, ballando e urlando a squarciagola cori trionfali.Leggi tutto »La colazione degli sconfitti
“La logica non lo spiega. Non spiega perché, con tutti i capolavori che vanta il teatro, proprio Trappola per topi si replichi a grande richiesta da ormai trent’anni e sia diventata qualcosa tra l’istituzione nazionale e l’attrattiva turistica, sul genere di Buckingham Palace. Nemmeno l’autrice aveva le idee molto chiare, in merito. «È il tipo di commedia alla quale si può portare chiunque» aveva cercato di teorizzare con un giornalista.
“C’era un filosofo che narrava di un gatto che miagolava perché lo lasciassero uscire e che poi miagolava di nuovo perché lo facessero rientrare. Ma, nell’interim tra un miagolio e l’altro, quel gatto esiste? In noi tutti alberga l’atteggiamento solipsistico, che non è che un simulacro della potenza dell’Onnipotente, il quale mantiene Tutto in essere, vale a dire che quanto si trova sotto i nostri occhi esiste, ma che è sufficiente che distogliamo lo sguardo, o che qualcuno ce lo distolga, perché venga disintegrato completamente, seppure temporaneamente”. È nei panni di un anonimo attore di teatro che lo scrittore britannico Anthony Burgess, in uno dei suoi ultimi lavori, intitolato Un cadavere a Deptford, ci racconta la vita avventurosa, scandalosa e geniale del drammaturgo e poeta Christopher Marlowe, dopo William Shakesperare la voce più luminosa e suggestiva del teatro elisabettiano.
Di fronte agli inappellabili decreti del fato, la libertà dell’uomo non è che un fardello, il disperato piangere del neonato che con tutte le sue forze chiede di essere nutrito, rivendica il suo diritto a esistere, ma che può vivere solo per volontà altrui. L’oscurità e l’ignoto, materia dei suoi giorni, condannano all’impotenza, alla sterilità la sua volontà, le sue deliberazioni, ogni suo sforzo.
La Milano florida e soddisfatta di sé del boom economico è un orizzonte lontano e amaro per gli eroi popolari di Giovanni Testori, esercito derelitto di uomini e donne che nella veemenza del carattere cela la vergogna per la propria condizione e allontana come può il fastidioso imbarazzo della miseria. La povertà materiale è la loro tragedia; l’assenza di mezzi e possibilità la condanna che devono scontare in vita; la rinuncia ai sogni la misura della loro straziante quotidianità. Leggi tutto »Uomini e donne alla periferia di ogni cosa