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Lo splendore del “romanzo-non romanzo”

Recensione de “L’uomo senza qualità” di Robert Musil

Robert Musil, L'uomo senza qualità. Newton
Robert Musil, L’uomo senza qualità, Newton Compton

Sospeso tra possibilità e impossibilità, congelato nel passaggio tra potenza e atto, espressione di tutto ciò che può essere espresso e nello stesso tempo muto abisso d’inesprimibilità, L’uomo senza qualità di Robert Musil, una delle opere più significative del Novecento letterario, ha nella contraddizione, nel rifiuto esasperato e testardo dell’univocità, tanto il proprio atto fondativo quanto la propria finalità.


Romanzo che punta alla perfezione della forma letteraria negando se stesso e la propria ragion d’essere, tentativo, sempre frustrato e tuttavia sempre rinnovato, di cogliere il tempo, inafferrabile eppure concreto, “presente”, del divenire di ogni cosa, il capolavoro di Musil racchiude in sé la ricchezza d’esperienze di un’intera vita e si caratterizza come “autobiografia essenziale”, come voce di un io insaziabile e impotente, come sguardo ansioso di raggiungere l’orizzonte e superarlo, come un’architettura filosofica che ha l’assoluto come proprio oggetto d’indagine e come un desiderio, prepotente e imperfetto, che a quello stesso assoluto pretende d’ancorarsi, anche se da una prospettiva opposta a quella del pensiero sistematico.

Monumentale quaderno d’appunti e note, inquieto “zibaldone” d’emozioni e riflessioni, vastissima e profonda storia dell’uomo, enciclopedia delle scienze e del sapere, memoria nostalgica di una civiltà splendida (quella incarnata dalla plurisecolare dinastia asburgica) ormai giunta al tramonto e lucida previsione di un’irreversibile crisi spirituale (che si consumerà nella tragedia del primo conflitto mondiale e poi nei bui anni del dopoguerra, che prepareranno, nella Germania sconfitta e umiliata, l’avvento del nazismo), L’uomo senza qualità utilizza lo schema narrativo del romanzo nel tentativo di dare ordine a un materiale composito, ricchissimo e per sua intrinseca natura caotico; così, messa da parte come inessenziale qualsiasi questione di stile, ignorata qualsiasi considerazione squisitamente estetica legata al linguaggio, al ritmo della prosa, il lavoro a cui è chiamato l’autore di questo “romanzo-non romanzo”(eccezion fatta per il ricorso all’ironia e all’osservazione tanto acuta quanto sarcastica e amara delle cose e degli uomini, che sono i tratti distintivi della scrittura di Musil), ambientato in una Vienna magnifica ma in qualche modo già decadente, come fosse stata colpita a morte dagli sconvolgimenti prossimi venturi, è quello esaltante e annichilente della sistematizzazione, della critica rivisitazione del passato alla luce nuova di un oggi che pretende, hegelianamente, il diritto a proclamarsi “determinazione ultima del concetto” e dunque fine della storia, suo senso e sua verità, proprio nel momento in cui è prossimo a precipitare nel nero baratro del disordine sociale, economico e politico.

“Nano” sulle spalle dei giganti, Robert Musil si assume il compito del testimone e contemporaneamente veste i panni sgargianti e un po’ folli del visionario; al cospetto di un presente che non può mai essere del tutto svelato né spiegato, egli si sforza di riepilogare il passato e di interpretare – in un’affascinante Babele semantica abitata allo stesso modo dalle scienze esatte, dalla psicologia, dalla filosofia, dal fuoco della spiritualità e dalla vertigine dell’estasi artistica – tanto ciò che è quanto ciò che è stato; e immediatamente dopo, nel continuum assicurato dalla costruzione romanzesca, si fa, aristotelicamente, poeta, ed esplora il mondo sconosciuto e infinito del possibile, del molteplice, del poter essere (o meglio, del “potrebbe essere”), specchio metafisico del dover essere (o se si vuole di ciò che è, di quel che è sotto i nostri occhi).

A viaggiare in entrambe queste dimensioni, a viverle, a cercare di dar loro significato (e riuscirci vorrebbe dire dar significato anche a sé), è il protagonista de L’uomo senza qualità, il poco più che trentenne Ulrich, che, incapace di dare una direzione alla propria esistenza, entra a far parte dell’Azione Parallela, comitato incaricato di organizzare i festeggiamenti per il settantesimo anniversario dell’ascesa al trono di Francesco Giuseppe (la data fatidica è il 2 dicembre 1918, la stessa nella quale i tedeschi celebreranno il trentennale del regno di Guglielmo II).

Alla ricerca dell’“idea”, della soluzione originale, e geniale, e prettamente austriaca che renderà unico quel grande momento, Ulrich si smarrisce definitivamente, proprio come si smarrisce, fino a consumarsi nella sterilità del nulla, l’Azione Parallela stessa, simbolo del disfacimento di una nazione, che l’autore impietosamente satireggia apostrofandola con il cacofonico titolo di Cacania, di un impero, di una pagina di storia. Intanto, attorno a Ulrich, altri personaggi si muovono, e nel farlo evocano grandi temi (l’innocenza e la colpa, l’amore, il “superuomo” nietzscheano e il suo contraltare, l’uomo “senza qualità”) destinati a suscitar quesiti, rinfocolare dubbi, accendere aspri dibattiti e, senza mai giungere a soluzione, a perdersi nei mille rivoli di questo romanzo-fiume che la storia della letteratura ci ha consegnato incompiuto ma che incompiuto è nato e che proprio in questa sua forma fluida si offre alle diverse generazioni di lettori: continuamente mutevole, eternamente cangiante, come l’eracliteo fiume “nelle cui acque non ci si può bagnare due volte”.

Eccovi l’incipit. La traduzione, nell’edizione Newton Compton (collana I Mammut), è di Irene Castiglia. La bella introduzione è di Micaela Latini. Buona lettura.

Sull’Atlantico incombeva un’area di bassa pressione; si muoveva verso oriente in direzione di quella di alta pressione che si trovava sulla Russia, senza manifestare ancora la tendenza a eluderla, spostandosi verso nord. Le isotere e le isoterme facevano il loro dovere. La temperatura dell’aria era nella norma rispetto alla temperatura media annua, rispetto a quella del mese più freddo come a quella del mese più caldo e all’oscillazione mensile aperiodica della temperatura. Il sorgere e il tramontare del sole e della luna, le fasi lunari, quelle di Venere, dell’anello di Saturno e di molti altri fenomeni significativi corrispondevano alle previsioni degli annuari astronomici, Il vapore acqueo nell’aria aveva la elasticità massima e l’umidità era scarsa. In poche parole, che, seppure un po’ fuori moda descrivono molto bene questo stato di cose: era un bella giornata di agosto dell’anno 1913.

2 commenti su “Lo splendore del “romanzo-non romanzo””

  1. Buongiorno vorrei sottoporre alla vostra cortese attenzione il mio libro templar order edito da bastogi libri tradotto in quattro lingue le cui royalties verranno devolute in beneficenza per aiutare i bambini con l’AMADE MONDIALE. Se potete aiutarmi a far circolare il messaggio per promuoverne la distribuzione anche tramite recensioni sarà cosa molto gradita. Grazie dell’attenzione cordiali saluti Domizio CIPRIANI Grand Prieur Magistrale Ordre des Templiers de Jerusalem Principautè de Monaco

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