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Francesco, santo e uomo

Recensione di “Francesco d’Assisi” di Franco Cardini

Franco Cardini, Francesco d’Assisi, Mondadori

Nella sterminata letteratura dedicata a San Francesco, l’agile volume scritto dallo storico e saggista Franco Cardini, edito da Mondadori nel 1991 e intitolato semplicemente Francesco d’Assisi, non si può certo considerare un’opera di rilevanza fondamentale, un testo centrale nello sviluppo degli studi sul fondatore dell’ordine Francescano.

Si tratta tuttavia di un contributo interessante, che ha un suo indubbio valore, costruito come una biografia romanzata (con suggestioni linguistiche e stile narrativo quasi da romanzo) ma assai denso e preciso quanto a individuazione e utilizzo delle fonti e, quel che più conta, coraggioso nella formulazione di particolari ipotesi storiografiche. La cautela con cui l’autore procede nel suo delicato lavoro – di “Santo Francesco” Cardini non si limita a restituire la vita, né a proporne una lettura, tanto edificante quanto scontata, che ne evidenzi soltanto la virtuosa parabola religiosa, ma la colloca nel suo ambiente di riferimento, sottolineando quanto il tessuto economico e sociale del tempo, in Assisi, abbia avuto un ruolo concreto e niente affatto marginale nella formazione del carattere e delle convinzioni (non solo spirituali) di quella che diventerà una delle maggiori figure nella storia della Chiesa cattolica – non solo non indebolisce in alcun modo il quadro generale disegnato pagina dopo pagina, ma dà a esso la necessaria credibilità.

Cardini, ben consapevole di quanto sia ricco, complesso e soprattutto (malgrado l’ampia messe di materiale a disposizione) sfuggente il personaggio Francesco, si muove sull’accidentato terreno del Basso Medioevo con rigore e metodo; dopo quella che si può considerare una sorta di “introduzione” e che prende le mosse dalla morte del santo, ecco che l’analisi si concentra sul giovane Francesco, figlio di un agiato mercante-banchiere (Pietro Bernardone), dunque appartenente a un ceto che, pur non essendo nobiliare, proprio con la nobiltà e l’aristocrazia ha i maggiori contatti (e in qualche caso anche la possibilità di stringere legami di parentela). Di questo ragazzo, di cui poco si sa, e la cui storia spesso si intreccia inestricabilmente con la leggenda quando non con l’invenzione vera e propria, Franco Cardini segue i primi passi, concentrandosi su quanto da lui fatto prima della conversione e illuminando la sua vita di rex iuvenum, di giovane agiato che, in compagnia di altri coetanei – in parte cavalieri, status che si riceveva per cooptazione e dunque a Francesco era praticamente precluso – partecipa alle loro feste e alle occasioni di svago e divertimento accollandosene i costi. “Francesco”, scrive l’autore sgombrando il campo da una delle tante “menzogne” che circondano la figura del santo, “visse a lungo queste gioiose consuetudini: fino ai vent’anni circa. Il che, soprattutto per gli standards di un tempo come il suo, nel quale si cresceva in fretta e si invecchiava presto, non è poco. Non è quindi un giovinetto dagli occhi sognanti, un acerbo ribelle a un padre duro e ottuso, quello che si avvia alla conversio: per capir qualcosa di lui e della sua vocazione bisogna anzitutto fare a pezzi questo cliché che tanta cattiva devozione, tanta cattiva letteratura, tanti cattivi film hanno fatto a gara nell’inculcarci. Il Francesco rex iuvenum era un giovane uomo già maturato, già carico anche di responsabilità familiari e professionali, già presumibilmente ricco di tutte quelle esperienze umane che contribuiscono a fare un uomo”.

Dalla goliardia si passa alla dura esperienza della guerra e del carcere (fu fatto prigioniero nel corso della guerra contro i perugini del 1202), poi ecco il ritorno a casa, il desiderio di una nuova impresa bellica che rinasce ma si spezza a causa dell’emergere improvviso delle prime inquietudini, con sogni premonitori e visioni attraverso cui giunge fino a Francesco la voce di Dio. Ancora una volta l’autore passa al setaccio storia e finzione, e separa quel che si può conoscere con ragionevole certezza grazie ai documenti dalla retorica affascinante ma ingannevole dell’agiografia; racconta l’episodio centrale avvenuto nella chiesetta di San Damiano – la voce del Signore che domanda al giovane di “salvare la sua casa, ormai in rovina” – senza dimenticare di segnalare che nella biografia di Tommaso da Celano quello stesso accadimento è narrato in modo totalmente diverso, e infine presenta al lettore il Francesco che tutti conoscono; frate, mendicante, santo. Naturalmente, anche la nuova vita di Francesco non ha nulla della semplicità che siamo soliti attribuirle: “Le varie informazioni in nostro possesso ci mostrano […] un uomo che ha spesso freddo, fame, paura: che è scosso da stimoli e desideri sessuali violenti; che spesso è assalito da forze misteriose che lo percuotono e lo lasciano tramortito e terrorizzato. La serenità e la letizia delle quali noi amiamo circonfondere la sua esperienza rappresentarono, in realtà, una dura e dolorosa conquista quotidiana. Anche perché egli rifuggiva sistematicamente dalle soluzioni più facili e comode”. E questa “quotidiana conquista”, che lo condurrà fino alla fondazione dell’Ordine Francescano, Cardini racconta con vivacità d’accenti, senza mai abbandonare la propria acribia di storico ma riuscendo nello stesso tempo a dare al suo lavoro una freschezza espressiva rara nelle pubblicazioni specialistiche. Francesco santo, il Francesco che tutti noi crediamo di conoscere (e che di fatto, seppur in modo superficialissimo, conosciamo), è prima di tutto, ci dice Franco Cardini, il Francesco uomo, e ancor prima il ragazzo, il giovane convinto che un giorno “sarebbe diventato un grande principe”, buono d’indole, generoso, allegro, talmente desideroso di riuscir gradito al prossimo da rischiar persino la civetteria. È quest’uomo, rimasto nella sostanza uguale a se stesso prima e dopo la conversione, che ci viene presentato; un uomo che con tutte le difficoltà, i dubbi e i tentennamenti degli uomini riesce a farsi santo, non un uomo nato santo. Un santo imperfetto, dunque, ma autentico, non solo dal punto di vista storico.

Eccovi l’incipit. Buona lettura.

Le allodole, che amano la luce, si alzarono allora in volo. A stormo presero a volare a bassa quota sopra il tetto dell’edificio nel quale egli giaceva; e, girando in cerchio, cantavano.

2 commenti su “Francesco, santo e uomo”

  1. Ho sempre trovato molto affascinante la figura di San Francesco e a seguire di Santa Chiara. Il libro che suggerisci sembra un buon inizio per approfondire la questione!

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