Recensione di “Distanza ravvicinata” di Annie Proulx
È la natura a dominare la scena nei racconti di Annie Proulx contenuti nel volume Distanza ravvicinata. Una natura dura, feroce, inospitale. Gli uomini e le donne che la abitano, in qualche modo le assomigliano. I loro corpi hanno la resistenza delle cortecce degli alberi e i loro caratteri esplodono in cortocircuiti di violenza quasi fossero uragani.
Così resistono, tirano avanti, vivono. Mentre la fragilità, la debolezza, la paura, e i sogni, le speranze, i desideri, le sfumature d’arcobaleno dell’amore e dell’odio, in un frenetico brulicare d’insetti, respirano nell’oscurità delle anime, custodi dimenticate di quel che resta della loro umanità. I personaggi dei racconti di Annie Proulx esistono nella sconfitta, nella deriva, nella rinuncia; sono dei vinti. Hanno il dolore riflesso negli occhi e la fatica di vivere incisa nella piega amara delle labbra. Eppure si ostinano a vivere, a dare un senso ai propri giorni, e con forza, con l’esausto eroismo degli invisibili, urlano addosso alla terra il loro diritto di esistere. Quella terra che li ha visti nascere e un attimo dopo si è già dimenticata di loro: il Wyoming.
Distanza ravvicinata è un libro splendido; Proulx ritrae i suoi eroi con commovente pietà laica; la sua scrittura è aperta, sincera, piena, stilisticamente perfetta. È un atto d’amore. Da uno dei racconti del libro è stato tratto il bellissimo film di Ang Lee I segreti di Brokeback Mountains.
Ora la parola ad Annie Proulx e alla sua fulminante “presentazione” del Wyoming.
Terra minacciosa e indifferente: per quella sua immutabilità le tragedie della gente non contano nulla, anche se i segni della sventura sono visibili ovunque […]. Altre culture hanno piantato le tende qui e sono scomparse. Soltanto cielo e terra contano. Soltanto il diffondersi della luce mattutina ripetuto all’infinito. Cominci ad accorgerti che Dio non ci deve molto, oltre a questo.