Vai al contenuto
Home » Recensioni » Il crollo e la luce

Il crollo e la luce

Recensione di “Tutto cambia. La Saga dei Cazalet V” di Elizabeth Jane Howard

 

Elizabeth Jane Howard, Tutto cambia, Fazi Editore

La fragilità di un castello di carte, e il lento, inesorabile collasso di un corpo vinto dalla malattia. Il sorgere fulmineo di tempi nuovi, e il sipario che tristemente chiude una lunga stagione destinata all’oblio. Il mutare costante di un’organizzazione sociale e politica che sembra non riuscire più a dare punti di riferimento e l’affanno di chi, questa società, non riesce più a comprendere e non è in grado di affrontare.


Giunta, con Tutto cambia, all’ultimo capitolo della sua meravigliosa saga (in questo blog trovate la recensione degli altri volumi: Gli anni della leggerezza quiIl tempo dellattesa quiConfusione qui; Allontanarsi qui), Elizabeth Jane Howard offre ai lettori un ritratto in chiaroscuro della dinastia Cazalet, che si apre con la scomparsa di una delle indiscusse protagoniste dell’intera vicenda: la Duchessa. E sarà proprio la morte, reale e simbolica, la principale chiave di lettura del romanzo.

Ogni cosa, infatti, attorno alla famiglia Cazalet sembra appassire; lo stile di vita in primo luogo, con la sua rigida distinzione tra ricchi e poveri, e la dickensiana misericordia dei primi a piovere capricciosa sui secondi; e poi il sistema di valori del conservatorismo politico, scosso fin dalle fondamenta dall’emergere di istanze dal sapore quasi rivoluzionario; e ancora il mondo del lavoro, delle imprese e delle professioni, e il sistema creditizio che lo sostiene, sempre meno sensibile all’autorità anche morale dei rapporti consolidati, delle relazioni di lungo corso, della fedeltà alla parola data, alla promessa fatta, e sempre più attratto dall’impersonale, logica limpidezza del profitto, dalla inequivocabilità delle cifre, dalla verità incontrovertibile dei bilanci.

Investita da questo inatteso vento di bufera, l’intera famiglia Cazalet vacilla; i figli del Generale e della Duchessa, anzitutto, e fra loro in special modo i fratelli Edward e Hugh, le cui divergenze sul modo di dirigere l’azienda di legnami ereditata dal padre in realtà nascondono fratture di carattere personale assai difficili da sanare, poi la “seconda generazione”, i nipoti ormai grandi dei capostipiti, ciascuno di loro intrappolato in un’esistenza che non riesce mai a sentire interamente propria, a giudicare frutto di una serie di scelte consapevoli.

Di tutte queste vite, che paiono sempre prossime alla deriva, l’autrice racconta con grande attenzione e sensibilità; la sua prosa agile, ricca e raffinata senza mai essere inutilmente sovrabbondante, racchiude una profondità psicologica non comune; così, a emergere dal dettagliatissimo disegno di Elizabeth Jane Howard sono caratteri che non solo hanno il pregio della coerenza ma evidenziano uno sviluppo, un incedere che brilla tanto di uno studiato splendore letterario quanto di un’autenticità che è eredita comune a ogni lettore. Da Louise, amante di un uomo ricco e sposato incapace sia di accettare la sua situazione sia di fare quanto è necessario per cambiarla, a Clary, alle prese con la sua non facile carriera letteraria e con una crisi matrimoniale inaspettata e dirompente, a Polly, forse l’unica di tutta la famiglia a vivere un’unione coniugale felice ma non per questo al riparo da difficoltà e problemi (anche se i suoi, a differenza di quelli nei quali si dibattono cugini, zii e fratelli sono esclusivamente di natura economica), fino a Teddy, che, chiamato a un incarico di responsabilità in seno all’azienda di famiglia, si trova costretto a fare i conti con la propria incapacità, tutti si muovo lungo un insidioso piano inclinato che ha la diabolica, soffocante architettura di un labirinto, che altro non è che un inestricabile intreccio di false piste e vicoli ciechi.

E allora ecco tornare la morte, la caducità, l’approssimarsi di una fine definitiva ad ammantare di sé ogni cosa; a ghermire il respiro dei vivi, come accade a Sid, consumata da un cancro proprio nel momento in cui sembrano finalmente mature le condizioni per vivere al di fuori di ogni clandestinità il proprio amore per Rachel; a spegnere sogni, speranze e fiducia nel domani con la bancarotta dell’impresa Cazalet; a incrinare sodalizi d’amore e d’amicizia con il sottile veleno della paura di ciò che sarà da questo momento in poi.

È un quadro di sostanziale cupezza quello che Elizabeth Jane Howard delinea in Tutto cambia; in questa sua opera conclusiva le ombre predominano sulle luci, ed è con evidenza quasi brutale che si sottolinea quanto Gli anni della leggerezza (primo volume della saga) siano ormai, nei fatti più che nell’effettivo trascorrere degli anni, lontani e irraggiungibili quanto lo è il tempo del mito, della leggenda da quello della realtà; ma è proprio in questo nuovo scenario, lungo questa strada sdrucciolevole dove è molto più facile cadere che rimanere in piedi, che il generoso offrirsi agli altri, l’altruistico, spontaneo dono di sé al prossimo, acquista la sua più luminosa ragion d’essere.

Eccovi l’incipit del romanzo. La traduzione, per Fazi Editore, è di Manuela Francescon. Buona lettura.

Sento che manca poco». «Duchessa!». «Mi sento bene». La Duchessa chiuse gli occhi un momento. Parlare la stancava, come tutto del resto. Tacque alcuni istanti e poi disse: «In fondo ho avuto più tempo di quello che secondo Mr Housman doveva essermi concesso… ben vent’anni in più! La’lbero più bello… io però ne avrei scelto un altro»- Alzò lo sguardo sul volto stravolto della figlia, pallido, con gli occhi cerchiati per la mancanza di sonno e la bocca contratta nello sforzo di non piangere. Poi, con enorme fatica, la Duchessa sollevò una mano dal lenzuolo. «Rachel, cara, non tormentarti tanto. Mi farai stare in pena».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *