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La “sporca dozzina” de Il Consigliere Letterario

Le migliori letture del 2018

recensioni libri da leggere

Giunti quasi al termine dell’anno, eccovi la classifica dei dodici (in soli dieci proprio non ci stavo, e già così sanguino per chi ho lasciato fuori) libri migliori letti nel 2018. La ragione sta nella recensione, cui, libro per libro, vi rimando. Grazie a tutti, buona lettura e i miei migliori auguri di un indimenticabile 2019!


  1. Franco Arminio, Resteranno i canti Bompiani (la recensione la trovate qui
  2. John Steinbeck, La valle dell’Eden Mondadori (la recensione la trovate qui)
  3. Larry McMurtry, Lonesome Dove Einaudi (la recensione la trovate qui)
  4. Nagib Mahfuz, Vicolo del mortaio Feltrinelli (la recensione la trovate qui)
  5. Fernando Aramburu, Patria Guanda (la recensione la trovate qui)
  6. Mario Vargas Llosa, La città e i cani Einaudi (la recensione la trovate qui)
  7. Truman Capote, A sangue freddo Garzanti (la recensione la trovate qui)
  8. Jorge Amado, Dona Flor e i suoi due mariti Garzanti (la recensione la trovate qui)
  9. Stanislaw Lem, Solaris Sellerio (la recensione la trovate qui)
  10. Mo Yan, Il supplizio del legno di sandalo Einaudi (la recensione la trovate qui)
  11. Charles Lewinsky, Un regalo del Führer Einaudi (la recensione la trovate qui)
  12. A.S.Byatt, Il libro dei bambini Einaudi (la recensione la trovate qui)

12 commenti su “La “sporca dozzina” de Il Consigliere Letterario”

  1. Di tutti i libri che hai elencato ne ho letti stranamente solo due ( stranamente perchè sono da sempre una lettrice seriale con una stanza biblioteca da 3 mila testi adesso quasi tutti dati in donazione) e solo uno mi è rimasto dentro. Truman Capote ha eseguito delle sistematiche interviste ai due ragazzi criminali con una frequenza ossessiva andandoli a trovare in prigione. Lo so perchè ho visto un documentario sulla costruzione di questo libro e a tutti è rimasto sconosciuto il motivo di tanto zelo letterario. Cosa volesse scoprire di quei due assassini o cosa volesse scoprire di se stesso non si sa. Ma per esperienza personale posso dire che uno scrittore mette sempre qualcosa di suo in ogni storia che racconta e forse quell’omicidio aveva toccato una delle sue corde interiori. Mi riservo di rileggerlo di nuovo, anche perchè la psicologia dei comportamenti umani mi intriga e quando lo lessi continuavo a pensare che mancasse un tassello. Come un puzzle ricostruito a cui manca l’ultimo pezzo. Che Truman se lo sia tenuto per sè perchè avrebbe rivelato qualcosa di se stesso che egli non accettava? Chissà.

    1. Ti ringrazio del commento. Per quel che riguarda il capolavoro di Capote (tale lo considero), fu il frutto di una ossessione, di un tormento, di una persecuzione autoinflitta che costò moltissimo all’autore. A differenza tua, non ho avuto l’impressione che il libro, perfetto nel suo meccanismo narrativo, manchi di qualcosa, ritengo piuttosto che arrivi fin dove umanamente si può arrivare. Oltre non era possibile giungere. Un caro saluto

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